Il nuovo rapporto dell’UNICEF rivela che ne muoiono cinque milioni all’anno rispetto ai dodici del 1990, sempre però in gran parte per cause prevenibili.
Il nuovo rapporto dell’UNICEF rivela che ne muoiono cinque milioni all’anno rispetto ai dodici del 1990, sempre però in gran parte per cause prevenibili.
Negli ultimi trent’anni, la mortalità dei bambini sotto i cinque anni è scesa del 60%. Il raggiungimento di questo storico dato, rivelato dal rapporto Ogni diritto per ogni bambino. La Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza a un punto di svolta dell’UNICEF, significa che a morire prima del quinto compleanno non sono più 12,5 milioni di bambini all’anno come nel 1990, tra l’altro in gran parte per cause prevenibili, ma poco più di cinque milioni come nel 2018. Si è passati da un bambino su undici a un bambino su ventisei. Inoltre, il miglioramento è diffuso, in quanto ogni regione rileva una riduzione di più del 40%.
Nonostante questo, rimangono molte situazioni gravi. I bambini che provengono dalle famiglie più povere sono mediamente due volte più soggetti a morire entro i cinque anni rispetto a quelli che provengono da famiglie più abbienti. Il numero di morti di neonati (ovvero nei primi 28 giorni di vita) è calato a un ritmo più lento rispetto a quello generale e costituisce circa la metà del tasso di decessi al di sotto dei cinque anni.
Problematiche sono le condizioni di vita in quei Paesi colpiti da conflitti o disastri naturali: ci vive più di un bambino su quattro. I bambini con meno di cinque anni che hanno vissuto in una zona di conflitto per più tempo sono venti volte più soggetti a morire a causa dell’insicurezza legata all’acqua e all’igiene rispetto che alla violenza diretta. Negli ultimi dieci anni, durante i periodi di conflitto il numero di gravi violazioni contro i bambini si è quasi triplicato. Inoltre, i bambini rifugiati sono cinque volte più soggetti a non frequentare la scuola rispetto agli altri coetanei e circa il 39% di bambini in età da scuola primaria che sono al di fuori del sistema scolastico vivono nelle aree colpite da conflitti e disastri naturali.
Anche nel campo dell’istruzione, comunque, si rilevano sensibili cambiamenti positivi. In trent’anni, il numero di bambini che non frequentano la scuola primaria è diminuito di circa il 40%. Se nel 1990 non ci andava quasi il 20%, oggi siamo a meno del 10%. Il numero di bambine al di fuori del sistema scolastico è dimezzato negli anni tra il 1997 e il 2018, passando da 68 a 32 milioni. Anche l’accesso all’istruzione secondaria di primo grado è migliorato: quattro bambini su cinque sono ora regolarmente iscritti a una scuola.
Per quanto riguarda l’igiene, in generale passi avanti sono stati fatti nell’incremento della percentuale di popolazione che dispone di servizi igienico-sanitari sicuri, passando dal 28% nel 2000 al 45% nel 2017. Ma solo un paese su quattro è sulla buona strada per ottenere entro il 2030 la quasi universalità di questo fondamentale prerequisito per la salute del bambino., soprattutto nei contesti rurali. Infatti, più di ottocento bambini al giorno muoiono a causa delle conseguenze delle malattie diarroiche legate a un inadeguato approvvigionamento idrico e alla scarsità di servizi igienici e sanitari.
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