Sono quasi 300 milioni i cristiani che vivono in terre di persecuzione

Pubblicato il nuovo studio di Aiuto alla Chiesa che Soffre “Perseguitati più che mai. Focus sulla persecuzione anticristiana tra il 2017 e il 2019”.

Le persecuzioni contro i cristiani, il gruppo religioso che ne soffre maggiormente nel mondo, non smettono di aumentare. Sono quasi trecento milioni quelli che vivono in Paesi dove professare la propria fede in Cristo è pericoloso. Dopo i duri attacchi militari al fondamentalismo islamista in Medio Oriente, la violenza degli estremisti jihadisti si è spostata in Africa e in Asia meridionale ed orientale.

È quanto emerge dal nuovo studio della fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre Perseguitati più che mai. Focus sulla persecuzione anticristiana tra il 2017 e il 2019, che ha analizzato le situazioni dei venti Stati che destano maggiore preoccupazione per le minoranze cristiane. A Siria, Iraq, Arabia Saudita, Iran, Pakistan, India, Myanmar, Cina, Corea del Nord, Filippine e Indonesia in Asia ed Egitto, Eritrea, Sudan, Niger, Nigeria e Repubblica Centrafricana in Africa, si sono aggiunti, nel periodo in esame, Sri Lanka, Camerun e Burkina Faso.

Il motivo principale di questo spostamento delle persecuzioni è dovuto alla sconfitta dello Stato Islamico nel nord dell’Iraq e in gran parte della Siria. Il terrorismo è, così, semplicemente migrato in altre aree del mondo: il solo uso della violenza non risolve i problemi. Così, gli attacchi anticristiani più eclatanti dalla metà del 2017 si sono verificati in Asia meridionale e orientale. In Sri Lanka, nel giorno di Pasqua sono state uccise 258 persone.

In Africa la situazione è altamente drammatica, perché sempre più formazioni jihadiste colpiscono i cristiani in sempre più Paesi. E il prezzo lo pagano anche i sacerdoti e i religiosi: dei diciannove uccisi nel mondo nel 2019 (diciotto sacerdoti e una suora), quindici sono stati assassinati nel continente africano, di cui tre in Burkina Faso.

Purtroppo, le migliorate relazioni diplomatiche tra i capi delle nazioni occidentali e i loro omologhi di regimi come quelli della Corea del Nord o della Cina non devono far pensare a miglioramenti delle condizioni dei cristiani in queste nazioni. Ai trattati di cooperazione economica non corrisponde un allentamento della persecuzione religiosa.

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