Un ciclo pittorico duecentesco dedicato al santo d’Assisi racconta di una presenza occidentale nell’antica Istanbul.
Un ciclo pittorico duecentesco dedicato al santo d’Assisi racconta di una presenza occidentale nell’antica Istanbul.
In un’antica chiesa cristiana nel cuore di Istanbul, poi trasformata nella moschea Kalenderhane Jamii, negli anni Sessanta fu scoperta una piccola cappella decorata con un deteriorato ciclo di affreschi dedicato a san Francesco d’Assisi. I frammenti rimanenti, staccati e conservati nel museo archeologico della città, mostrano un’organizzazione degli spazi come nelle tavole dipinte diffuse dalla prima metà del XIII secolo: la figura del santo al centro e ai lati scene legate alla sua vita.
Come raccontano le ricercatrici Graziella Vecchieschi, Cecilia Innocenti e Anna Maria Cardini sul sito San Francesco, della figura del santo di Assisi sono rimasti solo gli occhi, una mano che regge un libro aperto e l’altra un piccolo scudo. Questa iconografia di san Francesco pare unica e sembrerebbe rifarsi alle parole del cardinale e predicatore francese Giacomo da Vitry, il quale, riecheggiando san Paolo (Ef 6,13), in una lettera del 1220 parla del santo andato davanti al sultano armato solo dello «scudo della fede».
Lo scudo è qui decorato con dei motivi a forma di raggi che partono da un anello centrale dipinto illusionisticamente a rilievo, dove si può scorgere una piccola croce bianca. Nel XIII secolo era diffusa una tipologia di scudo per uso urbano, chiamato brocchiero, che aveva uno spunzone al centro con cui difendersi da eventuali assalti. Nell’affresco, questa punta fu sostituita da una croce, creando così un simbolo di difesa spirituale. Interessante è anche una delle scene che affiancano la figura del santo: in quella che sembrerebbe mostrare la canonizzazione di san Francesco vi è un riferimento architettonico puntuale alla cattedrale di San Rufino ad Assisi, la cui facciata nel 1228 non era ancora stata terminata.
Nella cappella, sopra questa parte del complesso pittorico, vi era l’immagine della Madonna con il Bambino, fiancheggiata da due angeli. La presenza della Theotokos (Madre di Dio) assieme a san Francesco è per le ricercatrici inconsueta, in quanto si conoscono raffigurazioni del santo sormontato solo dagli angeli. Questa scelta richiama un passo del terzo capitolo della Legenda Maior di Buonaventura da Bagnoregio: «Nella chiesa della Vergine Madre di Dio dimorava, dunque, il suo servo Francesco e supplicava insistentemente con gemiti continui Colei che concepì il Verbo pieno di grazia e di verità, perché si degnasse di farsi sua avvocata».
La presenza di questo ciclo di affreschi dedicato a san Francesco, intriso di riferimenti occidentali in una chiesa dell’allora capitale bizantina, si spiega con le vicende storiche della seconda metà del Duecento. Michele VIII Paleologo, infatti, si servì dei francescani per cercare l’unione con Roma e papa Gregorio X, la cui nomina fu sostenuta da Buonaventura, scrisse al Basileus che avrebbe appoggiato il riavvicinamento. Ma, falliti i tentativi di conciliazione e scomunicato l’imperatore dal successivo pontefice, la cappella fu chiusa. Questa obliterazione, però, ha permesso ad almeno una parte dei dipinti di giungere fino a noi e testimoniare un tentativo di dialogo tra Occidente e Oriente nel segno di san Francesco.
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