Alla fragilità dei sistemi sanitari si associa il rischio di carestie, ma alcuni Stati sono abituati a fronteggiare l’ebola.
Alla fragilità dei sistemi sanitari si associa il rischio di carestie, ma alcuni Stati sono abituati a fronteggiare l’ebola.
Anche in Africa i governi hanno iniziato ad applicare scelte di chiusura delle attività e di isolamento, anche se i numeri dei contagiati e delle vittime sembrano minori rispetto ad altri Paesi del mondo, dove il nuovo coronavirus sta colpendo con maggior gravità. Ma la questione non può essere sottovalutata, perché in vaste aree la rete sanitaria è fragile e non ci sono reparti attrezzati per garantire cure intensive ai pazienti colpiti. Il tutto è aggravato dal rischio di una carestia.
A Bukavu, città della Repubblica Democratica del Congo, i Padri Bianchi, che lasciano la propria comunità solo per andare ad acquistare il cibo, gestiscono un centro di formazione un po’ isolata dalla città e, nonostante abbiano sospeso le lezioni, hanno invitato i numerosi studenti a non lasciare la struttura per limitare i contatti anche con amici e parenti. All’Agenzia Fides, padre Alberto Rovelli parla dell’ulteriore rischio che un aggravio della situazione può portare.
«La paura sta già facendo gravi danni. I prezzi dei generi alimentari sono aumentati notevolmente. Dal Ruanda arriva ancora qualche camion di farina, ma quando le scorte finiranno come faranno le famiglie a procurarsi il cibo? Ho ricevuto la telefonata da una mamma che mi ha detto che non ha già più nulla da mangiare e non ha i soldi per acquistare il cibo per i suoi figli. Il rischio è che il virus porti con sé una carestia che si potrebbe rivelare addirittura più letale del virus stesso».
I vescovi del Paese africano esortano i congolesi a fare ciascuno la propria parte per contrastare questa pandemia, cercando di fargli prendere coscienza che quella trasmessa dal coronavirus è una malattia pericolosa come l’ebola, che già conoscono. Infatti, alcuni stati come la Sierra Leone, reduce dall’epidemia di ebola con 14.000 casi e una elevata mortalità, hanno chiuso subito le frontiere. Ma don Dante Carraro, direttore di Medici con l’Africa Cuamm, ha dichiarato ad Avvenire che i contagi stanno aumentando velocemente e il rischio è un’ecatombe.
«I sistemi sanitari sono debolissimi. Non c’è una seria capacità di diagnosi del coronavirus. A un caso sospetto con tosse, febbre e difficoltà respiratorie al massimo si può fare una radiografia ai polmoni, nelle zone rurali nemmeno quella. Puoi fare diagnosi induttiva vedendo le lastre perché sono pochissimi i laboratori capaci di analizzare i tamponi. Per le terapie siamo a zero. […] Altra difficoltà è l’ossigeno. Normalmente a un paziente in rianimazione dopo un intervento ne servono due litri al minuto, a un malato di Covid–19 ne occorrono 30. In Africa non è possibile gestirli.»
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