Chiarimenti sulla riduzione dell’Ires per gli enti ecclesiastici

L’Agenzia delle Entrate è intervenuta sulla tassazione degli utili percepiti dagli enti religiosi civilmente riconosciuti.

In merito al regime agevolato per la tassazione degli utili percepiti dagli enti non commerciali e alla conseguente riduzione della metà dell’aliquota dell’Imposta sui redditi delle società (Ires), l’Agenzia delle Entrate ha emanato la circolare n. 35/E per fornire alcuni chiarimenti che riguardano anche gli enti religiosi civilmente riconosciuti. La riduzione dell’Ires può essere applicata «per i redditi derivanti dalle attività diverse da quelle di religione o di culto, ancorché commerciali, a condizione che le attività diverse siano svolte in maniera non prevalente e siano in rapporto di strumentalità immediata e diretta con i fini di religione o di culto».

Alla base ci dev’essere il principio della gratuità, insito nell’attività istituzionale dell’ente religioso. Ovviamente, il raggiungimento del fine istituzionale da parte dell’ente è reso possibile dall’esistenza di mezzi economici che, di fatto, assumono valenza sostitutiva dei redditi non realizzabili da esso in virtù dei suoi scopi istitutivi. Per lo svolgimento di attività dirette ai fini di religione o di culto (esercizio del culto, formazione del clero, scopi missionari, catechesi…) l’ente riceve contributi, rimborsi spese o quote partecipative (iscrizione al catechismo, compensi per la formazione del clero…), che però sono privi del carattere reddituale in quanto non elargiti a titolo di corrispettivo dell’attività istituzionale svolta dall’ente. Dunque, «la circostanza che un ente nello svolgimento della sua attività istituzionale (di religione o di culto) sia destinatario di contributi privi comunque dell’elemento della corrispettività non fa venire meno il carattere della gratuità».

Anche i redditi derivanti dal cosiddetto godimento statico-conservativo del patrimonio immobiliare, ovvero da canoni di locazione o vendita di immobili, rientrano nella casistica della riduzione dell’Ires, nel rispetto però delle seguenti due condizioni: mero godimento del patrimonio immobiliare senza esercizio di un’attività commerciale; effettivo impiego dei proventi nelle attività di religione o di culto. La mancanza di svolgimento di una attività organizzata in forma di impresa va verificata caso per caso valutando che «l’ente non impieghi strutture e mezzi organizzati con fini di concorrenzialità sul mercato, ovvero che non si avvalga di altri strumenti propri degli operatori di mercato».

Ad esempio, se l’ente concede una pluralità di immobili in locazione per brevi periodi di tempo, pubblicizzando l’offerta attraverso portali telematici e proponendo servizi accessori (come la fornitura di pasti), allora potrebbe rientrare in una gestione di tipo commerciale. Non rientra in questo caso la semplice riscossione di canoni derivanti da contratti di locazione di durata pluriannuale, anche se riguardano un numero rilevante di immobili.

Per beneficiare della riduzione dell’Ires, i proventi derivanti dal mero godimento del patrimonio immobiliare vanno effettivamente impiegati nell’attività istituzionale dell’ente, ma la nota ricorda che l’ammontare dei proventi agevolati possono non essere utilizzati integralmente e nel medesimo periodo d’imposta per finanziare l’attività istituzionale. Parte dei guadagni può essere infatti indirizzata verso un’altra attività svolta dallo stesso ente religioso parimenti agevolabile oppure verso il sostegno di costi relativi a interventi su immobili o progetti volti alla costruzione di beni strumentali all’attività istituzionale.

Le attività commerciali esercitate in maniera marginale e strumentali ai fini di religione o di culto, ovvero che non avrebbero ragione di esistere senza l’attività istituzionale dell’ente, devono essere coerenti con il fine perseguito e non indifferentemente utilizzabili per il perseguimento di qualsiasi altro fine. Ad esempio, se per la formazione di religiosi un istituto religioso gestisce una struttura ricettiva riservata ai soli destinatari dell’attività formativa, la quale si pone in un rapporto strumentale e accessorio alla finalità, i relativi proventi sono agevolabili. Stesso discorso vale per il bar di un oratorio, ubicato all’interno dell’ente ecclesiastico e privo di accesso diretto dalla strada, che ha finalità di aggregazione in continuità con l’azione di educazione cristiana.

Trattandosi di una agevolazione fiscale, l’onere di provare il possesso di tutti i requisiti necessari per la fruizione del beneficio ricade sul soggetto richiedente. Occorre dunque tenere una documentazione, anche contabile, idonea a dimostrare l’effettivo impiego dei proventi. Nel caso in cui essi non vengano impiegati interamente entro il periodo d’imposta in cui sono riscossi ma in più annate, si dovrà dare evidenza degli accantonamenti e della loro origine nelle proprie scritture contabili. È pertanto utile conservare, a titolo esemplificativo: la documentazione sulla contabilità separata in caso di svolgimento di attività commerciali; gli estratti dei conti correnti distinti per attività istituzionale ed eventuale attività commerciale; la documentazione di entrate e uscite, nonché di proventi e oneri; il rendiconto annuale corredato della documentazione giustificativa sulle operazioni economiche; l’eventuale atto di approvazione del bilancio in cui è previsto l’accantonamento de proventi; ogni documento idoneo a provare un costante impiego delle risorse nelle attività istituzionali.

Luca Frildini