Il regime dittatoriale vuole destabilizzare le manifestazioni di protesta, che invece continuano pacificamente.
Il regime dittatoriale vuole destabilizzare le manifestazioni di protesta, che invece continuano pacificamente.
È da nove mesi che il popolo algerino scende in strada per protestare contro il regime dittatoriale. La sua decisione destabilizza i piani del governo, instauratosi dopo le dimissioni di Bouteflika, che non esita ad adottare strategie per dividerlo. Tra queste, le macchinazioni che colpiscono le fedi religiose sono particolarmente odiose, perché puntano a destabilizzare e incattivire un’opposizione che invece è pacifica. Al momento, ai militari che detengono il potere reale non è riuscita la creazione di un contesto di violenza che giustifichi uno stato di emergenza.
Ad esempio, nei confronti dei musulmani il regime ha tentato di sfruttare gli imam per convincere la gente che le manifestazioni sono illecite da un punto di vista religioso. Il tentativo non ha retto, al pari di quello di descriverle come un pericolo per l’unità nazionale. Ma intanto diversi attivisti sono stati imprigionati per l’esposizione della bandiera berbera e dell’emblema degli Amazigh, termine con cui gli autoctoni si definiscono.
I cristiani sono particolarmente colpiti. Come riporta Asia News, il governo ha dato, con una decisione arbitraria e senza spiegazioni pubbliche, l’ordine di chiudere il più grande edificio di culto protestante in Algeria, la Chiesa del Vangelo di Tizi Ouzou nell’omonima provincia settentrionale che esiste da ventitré anni e ha una comunità di 1.200 fedeli. Stessa sorte è toccata alla chiesa di Makouda, situata nella stessa provincia, dove i fedeli si sono visti mettere i sigilli alla porta dalla gendarmeria nazionale.
A Bejaia, città vicina a Tizi Ouzou, i leader religiosi della chiesa si sono aggregati ai manifesti e, con striscioni e canti, testimoniano il nome e il luogo della loro comunità. L’obiettivo è far sapere all’opinione pubblica che alcuni luoghi di culto vengono chiusi dalle autorità a dispetto della Costituzione algerina. Ma l’attacco alle chiese non è una novità in Algeria: da gennaio 2018 l’accesso a quindici chiese è stato sbarrato per motivi sconosciuti.
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