Se vuoi la pace, disarma le relazioni: un percorso biblico per aiutarci a diventare costruttori di relazioni umane. Parte 2
Se vuoi la pace, disarma le relazioni: un percorso biblico per aiutarci a diventare costruttori di relazioni umane. Parte 2
1. Il tema della guerra nella Bibbia: un esercizio di interpretazione
Nella Sacra Scrittura incontriamo immagini potenti, confortanti e, talvolta, sconcertanti. Nessun lettore resta indifferente alla forza icastica delle parole bibliche, capaci di produrre immagini, simboli, metafore, che aprono alla comprensione del reale in maniera diversa dal concetto, dalla definizione, dal modello logico. Queste immagini concrete con la loro forza imprimono nella nostra mente sensazioni acute e durature, condizionando il linguaggio e la cultura dei popoli nel bene e nel male, nell’integralità della loro esperienza.
Tra gli archetipi universali più inquietanti troviamo anche il motivo della violenza, declinato in tutte le sue forme. Dentro al tema generale della violenza, la guerra gioca un ruolo non secondario nelle pagine bibliche, come dimostrano le numerose ricorrenze del termine “guerra”. D’altra parte, l’evento centrale dell’Antico Testamento – l’esodo (uscita) dall’Egitto e l’eisodo (entrata) nella Terra promessa – è sostanzialmente la storia di una guerra di un popolo contro altri popoli, una salvezza che si compie a prezzo di sanguinose battaglie. La maggior parte dei riferimenti alla guerra riguarda, infatti, le battaglie di Israele nel deserto, all’ingresso di Canaan, e contro vari nemici della nazione (per esempio: filistei, amaleciti, aramei, ecc.). La caratterizzazione di YHWH come Dio-guerriero (cf. Es 15,3) influenza in modo significativo l’imagery biblico sulla guerra.
L’archetipo della guerra si coniuga nella storia di Israele come un male necessario. Nemmeno l’avvento della Buona Novella riesce a estirpare questa necessità. Le deroghe al “porgi l’altra guancia” sono ben attestate nelle diverse societates christianae che si sono alternate lungo il tempo. Davanti all’offerta totale di Gesù c’è sempre un però che giustifica la possibilità di impugnare un’arma. Molte pagine della storia della chiesa – neppure troppo lontane – sono segnate da questa ambiguità. Si veda, ad esempio, la presenza di formulari per la benedizione delle armi nei libri liturgici di qualche secolo fa:
Dio Onnipotente,
nella cui mano sta la piena vittoria,
voi che a Davide
per abbattere il ribelle Golia
concedeste mirabili forze;
noi preghiamo umilmente la tua clemenza,
affinché queste armi con pietà almifica
ti degni di benedire.
E concedi ai tuoi servi, che bramano di portarle,
a difesa e a protezione della Santa Madre Chiesa,
degli orfani e delle vedove,
contro gli attacchi dei nemici visibili ed invisibili.
di valersene liberamente e vittoriosamente.
Per Cristo nostro Signore.
Questa conversazione intende focalizzare solo un aspetto della violenza nella Bibbia, quella che si esprime nella forma bellica di un popolo che alza la spada contro un altro popolo. Il nostro tema è, dunque, la guerra nell’Antico Testamento, con particolare attenzione a un nemico inventato e che ritorna sempre: Amalek (cf. Es 17,8-16).
2. La guerra nel tema generale della violenza nella bibbia
2.1. Il lessico della violenza
– Non esiste libro biblico che non contenga, direttamente o indirettamente, il riferimento alla violenza.
– Radici ebraiche che coniugano il tema della violenza: ḥms e šdd.
– Lo sterminio (ḥerem). Perché nelle guerre ordinate dal Signore il vincitore non deve portare a casa il bottino?
– Perché fare il censimento è un peccato?
2.2. Esempi di violenza
– Il voto di Iefte: un caso di sacrificio umano nella bibbia?
– Disapprovazione della violenza: i profeti e i saggi d’Israele.
– Elia, vittima della violenza di Gezabele… (1Re 19), ma dopo la carneficina dei quattrocento profeti di Baal sul monte Carmelo.
– Geremia, contro la violenza.
– Amos, allontanato da Bethel per la violenza subita da un altro sacerdote.
– Un testo apocrifo riferisce che Isaia, il grande profeta del pre-esilio, sia stato martirizzato dal perfido re Manasse.
– I Salmi imprecatori.
2.3. La voce delle vittime di violenza (Salmi e Lamentazioni)
3. Lessico della guerra e delimitazione della ricerca
3.1. Il lessico della guerra
– Un video sul termine “guerra” in ebraico: clicca qui per vederlo.
– Il verbo “fare la guerra” ricorre nella sua consueta formazione al Niphal (nilḥam) circa centosessantaquattro volte nella Bibbia ebraica. Il sostantivo “guerra” (nilḥāmāh) compare circa trecentodieci volte.
3.2. Alcune cautele
– Es 15,1-18. Il fine ultimo di questo cantico non è la guerra, ma la pace. Dio guida Israele in vista della pace. La battaglia è raffigurata come difensiva: è iniziata a motivo della durezza degli egiziani, che si vantano della loro capacità di attaccare e distruggere. Chiaramente, il punto di vista del cantico è che la battaglia non è un massacro di innocenti, ma il contenimento della violenza subita dal popolo di Dio.
– Dio è conosciuto anche come colui che stronca le guerre, perché egli «farà cessare le guerre sino ai confini della terra, romperà gli archi e spezzerà le lance, brucerà al fuoco gli scudi» (Sal 46,10).
3.3. «Dio è prode in guerra…» (Es 15,3), ma contro chi?
– Dio si identifica con la casa davidica (cf. le promesse in 2Sam 7).
– A volte, però, YHWH compare come guerriero che combatte non contro i nemici di Israele, ma contro il suo stesso popolo. Questo aspetto della guerra compare spesso nei libri profetici e nei libri storici (cf. il resoconto della distruzione dei regni del nord e del sud). Lo scrittore biblico descrive la caduta del Regno del Nord in termini morali che suggeriscono una relazione diretta tra il peccato di Israele e il fatto che Dio abbia permesso di cadere nelle mani dei suoi nemici.
– 2Re 17,21-23. La deportazione risposta di YHWH alla ribellione del suo popolo. Più di una generazione prima di questi eventi, il profeta Amos aveva proclamato che Israele non aveva un posto privilegiato nelle valutazioni di Dio: «”Non siete voi israeliti per me uguali ai Cushiti?”, dichiara il Signore. “Non ho forse fatto salire Israele dall’Egitto, i Filistei da Caftor e gli Aramei da Kir?”» (Am 9,7).
– “Gott mit uns”? No… anche “Dio contro di noi”. Le immagini di YHWH come guerriero, che combatte sia per Israele sia contro Israele, sono coerenti solo se si riconosce che la guerra di YHWH fa parte del suo impegno per preservare la santità del popolo. Quando il suo popolo si unisce alla santità di Dio, restandogli fedele, sperimenta la vittoria. Tuttavia, quando si allontana da lui e non osserva più il suo patto di alleanza, il popolo sperimenta l’ira di YHWH e la minaccia della perdita della loro terra e della loro identità nazionale (Dt 28,49-68). I profeti espongono questo tema nelle loro raffigurazioni del Giorno del Signore, in cui Dio visiterà tutti i popoli, sia Israele che le altre nazioni, infliggendo terrore e distruzione a coloro che gli hanno voltato le spalle e dando speranza e salvezza ai fedeli.
– L’immagine di YHWH-guerriero si sviluppa a partire dalle tradizioni riguardanti gli atti divini di salvezza in favore del popolo: un Dio che, per la salvezza del popolo, agisce anche contro il suo stesso popolo, ma secondo il suo giusto giudizio. Questo sviluppo ermeneutico del tema della guerra vanifica o, quantomeno, sgonfia la questione etica della guerra nella Bibbia.
4. Guerre perse
Le guerre raccontate dalla Bibbia, su cui c’è un reale riscontro storico o archeologico, sono guerre senza alcun successo militare:
– il regno di Israele perde con l’Assiria (ca. 721 a.C.);
– il regno di Giuda al sud, con la sua capitale Gerusalemme, finisce sotto il dominio babilonese (ca. 598 a.C.).
Dall’editto di Ciro fino alla rivolta maccabaica Israele non alzerà più la spada.
5. Guerre vinte
5.1. Guerra ed esperienza esodale e eisodale
– La particolare guerra tra Israele ed Egitto (cantico di Miryam: cf. Es 15).
– Guerra per essere liberi da… la schiavitù egiziana.
– Guerra per essere liberi di… entrare nella Terra promessa.
– La conquista di Gerico (cf. Gs 6): campagna militare o testimonianza liturgica?
5.2. Il tema della guerra santa
– Dt 20,10-20. La radice ḥrm ha un’ampia gamma di significati semantici: consacrare a Dio, sterminare, votare all’interdetto… Il sostantivo (ḥērem) ricorre ventonove volte nell’Antico Testamento. La radice si riferiva originariamente a ciò che è proibito o perché maledetto e, dunque, dovrebbe essere distrutto (res exsecranda) o perché è santissimo (res sacrosancta). La separazione da ḥrm individua ciò che spetta a Dio. La consacrazione avviene nella forma della distruzione: il bottino della vittoria riservato alla divinità non è, dunque, soggetto alla spartizione. In poche parole, ḥrm è la “porzione di Dio”.
– Sacrificio di ḥrm: Lv 27,28 afferma che «ogni cosa devota [ḥrm] è santissima all’Eterno». Qui, così come in Levitico 27,21, le parole qodesh (santo) e ḥerem (dedicato alla distruzione) sono giustapposte. In questi casi, ḥrm non è un oggetto o una persona che è stata distrutta, ma qualcosa di devoto e sacrificato a beneficio di Dio o dei sacerdoti.
– Nella riflessione rabbinica la radice ḥrm è associata al concetto di scomunica.
6. Guerre né perse né vinte: la guerra perenne contro Amalek
6.1. Chi è Amalek?
– Amalek è il tredicesimo figlio nato da Esaù e dalla sua concubina senza nome (cf. Gn 36,12.16).
– Amalek è un popolo (cf. il testo antico di Nm 24,20).
– Gli amaleciti, abitanti della regione del Seir a sud-est di Giuda, appaiano nella tradizione biblica come gli acerrimi nemici di Israele, da sradicare a tutti i costi (cf. Es 17,8-16; Dt 25,17-9).
6.2. Lettura e commento di alcuni passi scelti:
– Es 17,8-16 (Rephidim);
– Nm 14,39-45 (invasione abortita);
– Dt 25,17-19 (comando di annientare);
– riferimenti ad Amalek in Giudici; 1 Samuele 15 (Saul) e 30 (Davide); 2 Sam 1,1-16 (rapporto della morte di Saul).
«Va e attacca Amalek… Distruggi completamente tutto ciò che hanno; non risparmiarli, ma uccidi l’uomo e la donna, il bambino e il lattante, il bue e la pecora, il cammello e l’asino» (1Sam 15,3). Saul esegue il comando secondo il proprio interesse, perché conserva tutto ciò che ha valore economico e risparmia il re amalechita, Agag, mentre «tutto ciò che era disprezzato e senza valore lo distrussero completamente» (1Sam 15,9).
6.3. Due interpretazioni di Amalek
– Simbolo della lotta contro il peccato. La guerra improvvisa di chi ti prende alle spalle.
– Simbolo della guerra alla guerra: rav Moshe Avigdor Amiel (1882-1945).
Nella riflessione moderna la guerra perenne contro Amalek è una risposta all’antisemitismo, sia passato che contemporaneo. Tutti i nemici degli ebrei erano e sono considerati discendenti degli amaleciti, degni non solo di inimicizia ma anche di distruzione (ad esempio, Aman del libro di Ester, Antioco IV Epifane nel periodo pre-maccabaico, gli imperatori Tito e Adriano, Torquemada, Khmelnitsky, Hitler, …). L’imbarazzo dello sterminio era già presente nella riflessione rabbinica medievale. Il lavoro interpretativo spiega che il comando di cancellare per sempre la discendenza di Amalek sia stato adempiuto definitivamente attraverso la morte di Aman nel libro di Ester. Israele non aveva più l’obbligo di attuare una vendetta fisica su un popolo esistente. Ma Amalek è rimasto in agguato nell’esegesi biblica come metafora di una persistente forza malvagia contro il popolo dell’alleanza.
Ripropongo una interpretazione di Amalek di rav Moshe Avigdor Amiel, un’importante figura rabbinica dell’inizio del XX secolo, che in seguito si trasferì in Israele e divenne un leader del sionismo religioso. Rav Amiel percepiva Amalek come una minaccia non solo per gli ebrei, ma per il mondo intero. Non identificava Amalek con una persona o nazione in particolare, ma con un ethos: il militarismo, ossia una visione nazionalistica del mondo che sposa la convinzione che un popolo o uno stato devono mantenere un esercito forte e usarlo in modo aggressivo per perseguire i propri interessi nazionali. Il militarismo cattura l’essenza di Amalek, che vede la guerra come fine a se stessa: la spada non è solo un mezzo per un fine, ma lo scopo stesso della vita. Chi va in guerra non lo fa perché deve o perché non hanno scelta, ma per distinguere sé stesso e il proprio ego.
Ciò che distingue Amalek dalle altre nazioni è che alza la spada non perché deve, ma perché può; per dimostrare il suo potere, la sua capacità di dominare l’altro. Questo può essere visto, spiega rav Amiel, nel modo in cui Amalek ha attaccato il popolo ebraico dopo aver lasciato l’Egitto. Invece di colpire gli uomini robusti, Amalek “abbatte i ritardatari alle spalle” (Dt 25,18). Lo fa, non per raggiungere un obiettivo militare, ma perché i ritardatari rappresentano i deboli e Amalek odia i deboli. Secondo rav Amiel, Amalek rappresenta una volontà di potenza che vede la guerra e la violenza come un bene ultimo, perché separa i forti dai deboli.
Qual è allora la risposta corretta ad Amalek? Come sconfiggere coloro che opprimono violentemente i deboli solo per glorificare se stessi? Per rav Amiel la difesa va esperita su due livelli. Anzitutto, quando Amalek colpisce, bisogna ovviamente difendere se stessi e tutti coloro che sono in pericolo, proprio come fece il popolo ebraico nel deserto. Quando Amalek viene con la spada, bisogna prendere la propria, perché non c’è moralità nell’andare come pecore al macello. Tuttavia, rav Amiel chiarisce che nessuna vittoria permanente contro Amalek può essere ottenuta con la spada. Se il militarismo, la trasformazione della forza in un idolo, è l’essenza di Amalek, allora la battaglia contro Amalek non può mai essere limitata a un nemico specifico. In verità, sostiene, la battaglia contro Amalek è una guerra contro l’idea stessa di guerra, che non può essere vinta attraverso la violenza e la forza militare. Il male non può essere sradicato dal mondo con il male. Il terrore non può essere eliminato dal mondo rispondendo con il terrore.
Per rav Amiel, questa affermazione non è solo filosofica, ma radicata in un’attenta lettura della Torah. La vittoria militare di Giosuè su Amalek fu solo temporanea poiché Amalek fuggì per combattere un altro giorno. Il segreto della sconfitta finale di Amalek non si trova sul campo di battaglia, ma nelle istruzioni di Dio a Mosè in seguito: “scrivi questo in un libro come promemoria” (Esodo 17,14). Ci si difende da Amalek con la spada, ma Amalek può essere veramente sconfitto solo con il libro, cioè la Torà. Il libro è più potente della spada non perché possa essere usata come arma, ma perché invoca un potere non radicato nella forza fisica. Se Amalek porta violenza e morte nel mondo, la sua sconfitta dipende dall’interiorizzazione da parte dell’umanità del messaggio fondamentale della Torah: tutta la vita umana è creata a immagine di Dio e attaccare coloro che non hanno fatto nulla di male è un affronto a tutto ciò che è santo in questo mondo.
Il popolo ebraico, spiega rav Amiel, è stato scelto da Dio come alternativa ad Amalek. Se Amalek odia i deboli, gli ebrei dovrebbero amarli. Se Amalek si identifica con l’oppressore, gli ebrei devono identificarsi con l’oppresso. Il popolo eletto di Dio ha lo scopo di opporsi ad Amalek perché il nome stesso di Dio è pace e il popolo ebraico ha il compito di aiutare Dio a portare la pace nel mondo. Per rav Amiel, questa idea è al centro della vittoria del popolo ebraico su Amalek celebrata a Purim (cf. l’eliminazione di Aman nel libro di Ester): la festa della salvezza del popolo minacciato dal discendente di Amalek non deve essere celebrata il giorno della vittoria militare, come avviene per tutte le altre nazioni, ma il giorno successivo. Gli ebrei non celebrano la vittoria della guerra ma il ritorno della pace. Rav Amiel ricorda inoltre che, anche se si vince una battaglia, la lotta contro Amalek resta. Non è una battaglia contro un nemico specifico; l’eroe di oggi può essere il cattivo di domani. È una guerra contro l’idea stessa di guerra, e può essere vinta solo con il Libro.
7. Conclusioni
La Bibbia fornisce un copione di come leggere la realtà in tutta la sua drammaticità. Ci invita a posizionarci all’interno delle storie raccontate, nelle vite dei personaggi, per entrare nella stessa ottica di Dio. Tuttavia, dopo queste spiegazioni, resta un certo disagio nel leggere i testi biblici che parlano della guerra… ma forse il disagio è esattamente l’obiettivo stesso del testo. Forse dobbiamo ammettere che questo nostro disagio viene da Dio stesso, che crea uno spazio per farci più consapevoli dalla trappola del militarismo: i nostri desideri di vendetta, le nostre paure … sono come rispecchiate dal testo. La guerra di difesa contro Amalek condensa l’idea di una guerra contro il concetto stesso di guerra. L’invenzione di un nemico è, pertanto, funzionale al superamento stesso dell’idea di inimicizia, che sta alla base di ogni guerra. L’imagery degli amaleciti complica il nostro desiderio di vendetta. Ci vengono mostrati i limiti estremi dell’inimicizia e la nostra paura viene smascherata, poiché scopriamo che il nemico è già dentro di noi. La rivelazione cristiana dirà chiaramente quello che resta velato nel simbolo veterotestamentario: «Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro» (Mc 7,15).
Don Carmelo Russo
Mercoledì della Bibbia 2023, Fraternità Carmelitana di Barcellona Pozzo di Gotto
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