Per amministrare bene il Creato serve recuperare la prossimità agli animali

Un approccio di ecologia integrale ci permetterà di superare la riduzione moderna delle creature a oggetto di consumo.

«La prossimità agli animali, che nella tradizione della civiltà agricola ha portato a sentirli e trattarli quasi come partecipi della vita familiare, nella modernità è stata abbandonata, riducendo queste creature ad oggetti di mero consumo. La civiltà urbana, d’altra parte, ha portato talvolta a eccessi opposti, con un’attenzione per gli animali da compagnia talvolta superiore a quella per gli esseri umani. […] Un approccio di ecologia integrale dovrà tornare, invece, a valorizzare un orizzonte equilibrato, superando la riduzione moderna del vivente a oggetto di consumo, per riscoprirne il valore proprio.»

Al giorno d’oggi, troppo spesso si perde il senso della prossimità agli animali donataci da Dio. Nei loro confronti, non si dovrebbe avere un rapporto puramente strumentale oppure eccessivamente umanizzante. Come ricorda l’enciclica di Papa Francesco Laudato si’, san Bonaventura insegnava che ogni creatura porta in sé una struttura trinitaria, in quanto il mondo, creato secondo il modello divino, è una trama di relazioni nella quale rientrano anche gli animali. Ma di questo rapporto occorre cogliere la bontà: negli allevamenti, ad esempio, si deve avere cura del loro benessere e garantire una vita il più possibile conforme alla loro natura, non scegliere pratiche intensive calpestando la loro dignità e impattando gravemente sull’ambiente.

Nel messaggio per la settantunesima Giornata nazionale del ringraziamento, che si è celebrata ieri, intitolata “Lodate il Signore dalla terra […] voi, bestie e animali domestici” (Sal 148,10). Gli animali, compagni della creazione, la Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace ha affrontato questo argomento richiamando inizialmente i molteplici esempi biblici del legame tra l’uomo e gli altri esseri viventi: la prima alleanza viene stipulata da Dio con «ogni essere che vive» (Gen 9,9-11); nella storia di Balaam l’asina diventa protagonista (Nm 22,2-35); la pietà di Giona si indirizza a un tempo sia agli esseri umani che agli animali (Gn 4,10-11); Dio mette Giobbe di fronte alla bellezza e complessità del creato partendo proprio dalle specie animali (Gb 38-42); la colomba indica la presenza dello Spirito al battesimo di Gesù (Mc 1,10; Mt 3,16; Lc 3,22); i riferimenti al rapporto tra il pastore e il suo gregge sono poi moltissimi.

Nella Genesi, la creazione degli animali avviene il quinto e il sesto giorno e in quest’ultimo viene anche creata l’umanità (Gen 1,30-32). Il dominio su di loro che Dio affida all’uomo non è in senso tirannico, è un compito di custodia. Questo approccio pieno di cura è lo stesso di cui parlerà Gesù che invita ad avere fiducia in Dio Padre: «Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre» (Mt 6,26). Il fatto che ad Adam venga dato il compito di dare un nome agli altri esseri viventi segnala una differenza, ma anche una prossimità relazionale. Con loro, poi, condividiamo la mortalità (Qo 3,19-21) e pure il dono del riposo sabbatico dalla fatica del lavoro, specie con quelli coinvolti nelle attività umane (Dt 5,13-14).

Per tutto ciò, il nostro stile di vita deve essere convertito a una ecologia integrale che ci renda buoni amministratori della creazione di Dio e rispetti, per quanto possibile, la vita di ogni creatura. Infatti, sottolinea la Commissione della CEI, è da esso che dipendono l’eccesso di consumo, la quantità e la qualità degli allevamenti e l’eccessivo sfruttamento di risorse come l’acqua. È con forme sostenibili che territori abbandonati e spopolati possano essere valorizzati dai pastori e che pescatori riescano a garantire i periodi di ripopolamento del pesce. Solo così possiamo mostrare il nostro ringraziamento al Signore, che ci ha donato la possibilità di custodire questi compagni della creazione.