La parola evangelica va presentata come la comunicazione di una vita e non come l’imposizione di una dottrina.
La parola evangelica va presentata come la comunicazione di una vita e non come l’imposizione di una dottrina.
«La cristianità è dietro di noi. Possiamo volerla far ritornare come folklore, ma ciò che otterremo da questa operazione di restaurazione sarebbe solo un simulacro: il che nasconde l’assenza di verità. […] Ciò che ci deve inquietare non è la scristianizzazione massiccia dell’Europa. In effetti, la cosa più grave è che ora il Vangelo è considerato dai più come una visione particolare del mondo legata a una storia passata. […] Ora, che cosa resta quando il Vangelo è passato? Una possibilità a cui la cristianità ha finito di diventare sorda: l’ascolto dell’inaudito della parola evangelica.»
Sono parole del domenicano Dominique Collin, docente di teologia al gesuita Centre Sèvres di Parigi, contenute nel suo libro Il Vangelo inaudito edito da Queriniana. La soluzione che propone come via d’uscita al nichilismo diffuso è un capovolgimento, una conversione basata l’idea che anche nel mondo odierno l’annuncio evangelico può tornare a essere percepito come inaudito se lo si presenta come la comunicazione di una vita e non come l’imposizione di una dottrina. Inaudito non vuol dire sensazionale. Far comprendere l’inatteso vuol dire andare oltre il linguaggio di un mondo che è ridotto sempre più a discorsi ideologici, a istituti, a parole che ci si aspetta.
«Può darsi perfino che tutto lo sforzo per comunicare ciò che il Vangelo porta di non-inteso non ottenga quasi alcun “risultato” visibile […]. Ma il Vangelo stesso non è forse il frutto di questo fallimento («Il Verbo era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto», Gv 1,10)? Man mano che si intensificherà l’indifferenza nei confronti del Vangelo, l’inaudito di cui esso è la comunicazione assumerà la forma di un “oblio agente”, più equipaggiato della nostalgia per offrire alla nostra epoca senza memoria il promemoria della sua aspirazione più elevata: vivere!»
A questo proposito, fr. Collin cita san Paolo (Rm 15,20-21): «[…] mi sono fatto un punto di onore di non annunciare il Vangelo dove era già conosciuto il nome di Cristo, per non costruire su un fondamento altrui, ma, come sta scritto: Coloro ai quali non era stato annunciato, lo vedranno, e coloro che non ne avevano udito parlare, comprenderanno.» In un’intervista ad Avvenire, spiega che per l’apostolo il Vangelo resta una sorta di follia, qualcosa che deve ancora essere udito. Al giorno d’oggi, il cristianesimo si sta assottigliando perché è stato fin troppo ascoltato ed è diventato un insieme di valori umanisti e catechismo ingenuo. Per questo, il suo scopo è far intendere ciò che non è ancora stato inteso. Forse, per i nostri contemporanei l’annuncio di un Dio Padre misericordioso e provvidente non comunica come invece può farlo l’annuncio che Egli è colui che dà una vita spirituale e infonde la gioia di esistere.
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