Archivio diocesano di Trapani, scoperto uno dei più antichi frammenti di Corano in Sicilia

Nel corso di un riordino scientifico è stato trovato un foglio di pergamena con caratteri cufici del IX-X secolo.

Nell’immaginario comune, gli archivi vengono perlopiù considerati come luoghi noiosi in cui documenti su documenti sono accuratamente disposti su lunghi scaffali a prendere la polvere. Ma essi nascondono storie che si possono rivelare appassionanti. Così è accaduto nell’archivio diocesano di Trapani, dove nel 2010 era stato trovato un foglio di pergamena con incisi in oro caratteri cufici (uno dei più antichi stili di scrittura in lingua araba) che era stato riutilizzato per la coperta di un registro matrimoniale della prima metà del Cinquecento proveniente dal territorio di Calatafimi.

Come racconta BeWeB, la scoperta avvenne in occasione del riordino scientifico curato dalla vicedirettrice Stefania La Via e dall’equipe degli archivisti diocesani, ma uno studio approfondito è stato possibile solo dal 2021. Invitato a esaminare il reperto, Giuseppe Mandalà, ordinario di Storia dei paesi islamici all’Università Statale di Milano, scopre che il foglio membranaceo contiene un raro frammento del Corano databile tra il IX e X secolo. L’esame paleografico della scrittura, lo stile e le caratteristiche del reperto conducono alla Sicilia dell’epoca araba, della quale rimangono pochissime testimonianze scritte. Inoltre, un’analisi genetica condotta su alcuni campioni della pergamena presso laboratori specializzati dell’Università di Cambridge hanno confermato che si tratta di pelle di pecora.

Spiega il prof. Mandalà «Il foglio contiene alcuni versetti della sura/capitolo delle Api (Corano XVI: 8-11). Si tratta di una delle più antiche testimonianze manoscritte del libro sacro dell’Islam presenti in Sicilia, invero alquanto rare, che si aggiunge al “Corano di Palermo”, un manoscritto datato al 372 della Ègira (982-983 dopo Cristo), sicuramente di origine siciliana, oggi, in gran parte, conservato a Istanbul». Il direttore dell’archivio diocesano mons. Liborio Palmeri auspica che «un giorno questo importante reperto possa essere offerto alla fruizione di un pubblico più vasto, messo in sicurezza, in un’esposizione museale».