Un diciottenne in Bangladesh è stato ucciso da compagni di scuola, mentre un diciassettenne in Pakistan è stato rapito e seviziato.
Un diciottenne in Bangladesh è stato ucciso da compagni di scuola, mentre un diciassettenne in Pakistan è stato rapito e seviziato.
Tra maggio e giugno, due giovani cristiani asiatici sono stati vittime della violenza di gruppi di musulmani. In Bangladesh, il diciottenne Joy Haldar, studente dell’istituto cattolico St. Joseph’s High School and College a Savar, nel distretto di Dhaka, è stato attaccato nel mercato di Palu da una decina di suoi compagni di scuola islamici. I ragazzi lo avevano prima minacciato di morte per telefono a causa di un diverbio su un noto videogioco online, poi controllato da una piccola casa vicina alla sua abitazione presa in affitto.
Come riporta Asianews, un giorno che era in compagnia di tre amici gli hanno teso un’imboscata con mazze e bastoni e lo hanno lasciato esanime sul terreno prima di fuggire su alcune motociclette. Portato da un farmacista della sua stessa comunità presbiteriana in ospedale, dopo ventidue giorni di agonia non ce l’ha fatta. Addirittura, i genitori, poveri e senza aiuti, hanno fatto fatica a recuperare il cadavere del figlio per concedergli la sepoltura. Il fratello della vittima ha denunciato il fatto alla polizia, ma sei degli accusati sono già stati rilasciati su cauzione ed è molto difficile che vengano processati. Quindi accusa: «Da cristiani siamo ben lontani dal poter ottenere sicurezza e giustizia».
Invece, in Pakistan il diciassettenne cristiano Danish Masih della città di Ghafari un giorno è scomparso. Il padre ha avvertito la polizia, ma gli agenti non hanno fatto nulla, così si è rivolto a un attivista per i diritti umani, Lala Robin Daniel, che ha ricostruito la vicenda. Il giovane sarebbe stato drogato e reso incosciente da un gruppo di musulmani per essere rapito. Tenuto prigioniero in un luogo sconosciuto, è stato prima seviziato, poi abbandonato in un’area desolata vicina a Faisalabad. Il ragazzo è riuscito a trascinarsi a casa dopo cinque giorni.
L’attivista ha dichiarato: «Siamo impegnati a non risparmiare nessuno di loro. Faremo del nostro meglio per portarli davanti a un tribunale e punirli secondo la legge. Chiediamo agli agenti di polizia di cooperare e di arrestare questi mostri il prima possibile». Ma, in merito all’atteggiamento delle forze dell’ordine, che formalmente stanno ricercando i colpevoli ma che per ora non hanno arrestato nessuno, ha aggiunto: «Come cristiani siamo una minoranza e siamo anche soli. Per noi non ci sono giustizia e pari diritti».
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