Oltre alle attività di interesse generale, un ente può, seguendo determinati criteri, svolgere attività strumentali.
Oltre alle attività di interesse generale, un ente può, seguendo determinati criteri, svolgere attività strumentali.
Le attività che possono svolgere i nuovi enti del Terzo settore si dividono in attività di interesse generale e in attività secondarie e strumentali, entrambe da inserire nello statuto. Le prime sono individuate dal Codice del Terzo settore in un elenco aggiornabile, attualmente di ventisei tipologie (sanità, assistenza, istruzione, ambiente, ecc.), e definiscono gli enti; le seconde, indipendentemente dal loro oggetto, possono essere svolte per sostenere, supportare, promuovere e agevolare il perseguimento delle finalità istituzionali.
Come indicato su Cantiere Terzo Settore, per essere definita secondaria un’attività deve soddisfare almeno uno dei seguenti criteri riguardanti i relativi ricavi in ogni esercizio, che non devono superare:
– il 30% delle entrate complessive dell’ente;
– il 66% dei costi complessivi dell’ente.
Il criterio scelto deve essere definito dall’organo di amministrazione.
Nei ricavi sono compresi: entrate da corrispettivo per beni o servizi ceduti o scambiati, quote e contributi associativi, erogazioni liberali e gratuite, lasciti testamentari, contributi pubblici senza vincolo di corrispettivo, raccolta fondi, 5 per mille. Si considerano costi: impiego dei volontari iscritti nel registro dedicato, le erogazioni gratuite di denaro, le cessioni o erogazioni gratuite di beni e servizi per il loro valore normale, la differenza tra il valore normale dei beni o servizi acquistati per lo svolgimento dell’attività statutaria e il loro costo effettivo di acquisto.
Se l’ente di Terzo settore non riesce a rispettare il limite, ha trenta giorni di tempo dalla data di approvazione del bilancio per inviare un’apposita segnalazione all’ufficio del Registro unico nazionale del Terzo settore territorialmente competente; in alternativa, può darne comunicazione alla propria rete associativa o al Centro di servizio per il volontariato territoriale. L’anno successivo, l’ente dovrà recuperare lo sforamento (nel primo caso, ad esempio, se i ricavi annuali dell’attività secondaria arrivano al 40% delle entrate complessive, dovranno essere del 20% l’esercizio seguente). Il rischio per chi non segue queste procedure è la cancellazione dal Registro unico nazionale del Terzo settore.
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