Le CER, basate sulla produzione e condivisione di energia da fonti rinnovabili, hanno ricadute positive sulla natura e sulla società.
Le CER, basate sulla produzione e condivisione di energia da fonti rinnovabili, hanno ricadute positive sulla natura e sulla società.
Negli ultimi tempi si parla sempre più insistentemente di transizione energetica e di green economy, termini legati all’uso di fonti rinnovabili e a consumi basati sull’efficienza e il risparmio. Le moderne società, infatti, non possono più permettersi di essere basate sui combustibili fossili, causa principale dei rapidi cambiamenti climatici in atto. I vantaggi di questa svolta non saranno solo ambientali ed economici, ma anche sociali, in quanto avranno ricadute positive sulla vita concreta delle persone, in particolare quelle più povere che subiscono le conseguenze peggiori del riscaldamento globale e delle crisi economiche. Questi benefici sono ottenibili anche grazie alla costituzione delle comunità energetiche rinnovabili (CER), entità giuridiche che possono essere formate da persone fisiche, enti pubblici, imprese, organizzazioni non profit, enti ecclesiastici e religiosi basate sulla produzione e sul consumo di energia da fonti rinnovabili e sulla condivisione dei vantaggi economici (clicca qui per saperne di più).
L’ambiente ne guadagna perché l’energia viene prodotta in maniera pulita e a km zero, limitando le emissioni di anidride carbonica e di inquinanti e riducendo l’utilizzo dei combustibili fossili, soprattutto quelli provenienti da Paesi lontani. Ad esempio, se una comunità energetica formata da una casa di riposo, una parrocchia e una scuola elementare paritaria riescono a installare sui loro tetti e sulle pensiline dei parcheggi un impianto fotovoltaico da 200 kilowatt con una produzione media di 244 megawatt-ora annuali, si eviterebbe la combustione di 313 barili di petrolio e la conseguente immissione nell’atmosfera di 121 tonnellate di anidride carbonica ogni anno, per il cui assorbimento servirebbero 6.089 alberi.
Da un punto di vista sociale, i vantaggi vengono condivisi da tutti i membri della comunità energetica rinnovabile, ma anche con l’intera comunità di un paese o un quartiere. Infatti, l’istituzione di una CER è anche una misura contro la povertà energetica, in quanto può dare la possibilità al parroco o a una fondazione caritatevole di sfruttarne i benefici economici per opere socio-assistenziali, oppure può accogliere tra i suoi soci individui o famiglie che fanno fatica a pagare le bollette e non hanno la possibilità di installare pannelli fotovoltaici per conto proprio.
Questo miglioramento collettivo è reso economicamente possibile sia dal fatto che i membri che producono e autoconsumano energia da fonti rinnovabili risparmino sulle proprie bollette, sia dal fatto che la comunità energetica permetta di distribuire a tutti i soci una parte dei ricavi. Questi derivano da due fonti: dalla vendita dell’energia prodotta in eccesso e immessa in rete al prezzo di mercato; dalla ricezione di incentivi pubblici sull’energia condivisa tra i membri per vent’anni (gli incentivi saranno indicativamente di 119 euro al megawatt-ora, ma il loro ammontare esatto verrà ufficializzato con l’emanazione dei decreti attuativi da parte del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica). Per tutto ciò, le comunità energetiche si dimostrano uno strumento utile per andare verso la sostenibilità ambientale, sociale ed economica, fondamento di un nuovo umanesimo integrale.
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