L’apprendistato più efficace alla vecchiaia è la vicinanza agli anziani

Enzo Bianchi sulla rimozione della vecchiaia: senza esperienza della finitezza, tutte le età della vita sono danneggiate.

Per Dietrich Bonhoeffer, «l’uomo comprende veramente sé stesso solo a partire dal proprio limite». Per comprendere la vecchiaia, è quindi necessario prendere coscienza, durante tutto l’arco della vita, della morte, «imparando a contare i propri giorni», come suggerisce il salmo. Enzo Bianchi ha dedicato una riflessione sulla rimozione della vecchiaia, che, volenti o nolenti, porta ad avvicinarsi al termine dell’esistenza terrena. Vivere accettandola in modo consapevole è importante nell’età matura, ma ci si deve preparare sin da piccoli.

“L’apprendistato più efficace alla vecchiaia è la vicinanza ai vecchi, il saperli vedere e ascoltare, l’impegnarsi ad avere cura di loro. Si potranno certamente anche leggere libri e ricerche sulla vecchiaia, ma nulla può prepararci a questa tappa quanto l’assiduità con chi la sta attraversando. Nella famiglia contadina i vecchi erano in casa, li si poteva osservare nel loro declinare, nella loro crescente debolezza, nel sopraggiungere in loro della malattia, scoprendo nel corpo vicino quei bisogni, quelle fatiche, quelle grida che un giorno potranno essere anche le nostre. Oggi invece i nonni sono presenza utile ma saltuaria: a loro si affidano i bambini quando si vuole essere un po’ liberi, ma non sono quasi mai una presenza quotidiana.”

Ma senza esperienza della finitezza, si impoverisce la visione della vita. Non bisogna lasciare che la vecchiaia ci sorprenda, ma che chieda un nuovo consapevole impegno, prendendo coraggio per affrontare un’inedita tappa della nostra esistenza, senza lasciarsi imbrigliare dal passato e senza guardare al futuro con angoscia. La vecchiaia va costruita, nella consapevolezza delle proprie fragilità, con un itinerario che coinvolga altre persone, con un amore da condividere e sempre da inventare: ognuno di noi è chiamato «a morire e a vivere insieme», scriveva Paolo.

“La vecchiaia non è un tempo inutile, né sterile, perché è ancora vita. Secondo James Hillman la vecchiaia non ha come fine la morte, ma a essa spetta un compito preciso: svelare e portare a compimento il proprio carattere. La vecchiaia potrebbe così essere un’epifania di sé stessi, dalla propria vita interiore alla quale ci si può ormai dedicare senza essere divorati dalla frenesia della vita. Paolo di Tarso in una sua confessione riguardo all’anzianità usa una bella immagine: «Mentre il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore invece si rinnova di giorno in giorno».”