La salvezza, che si presenta come guarigione della relazione tra uomo e Dio, passa dai sensi quale percezione prima della realtà e della comunicazione.
La salvezza, che si presenta come guarigione della relazione tra uomo e Dio, passa dai sensi quale percezione prima della realtà e della comunicazione.
Proseguiamo il nostro incontro con la Parola attraverso i cinque sensi dedicando una prima parte alla riflessione e una seconda all’applicazione ad alcuni testi del Vangelo. La salvezza che il Signore porta passa dai sensi, quale percezione prima della realtà e della comunicazione: potremmo dire che la salvezza deve necessariamente essere percepita dai cinque sensi, pena la sua inconsistenza, privata dei tratti comprensibili all’uomo, staccata dalla sua carnalità. In particolare, la salvezza si presenta come “guarigione della relazione” tra uomo e Dio, inquinata fin dall’inizio dalla comparsa del sospetto che Dio non sia alleato, ma avversario geloso dell’uomo.
La costituzione promulgata dal Concilio Vaticano II sulla rivelazione, la Dei Verbum, inizia presentandoci come avviene l’autopresentazione di Dio. Ecco il numero 2 della costituzione: “ Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelarsi in persona e manifestare il mistero della sua volontà (cfr. Ef 1,9), mediante il quale gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, hanno accesso al Padre nello Spirito Santo e sono resi partecipi della divina natura (cfr. Ef 2,18; 2 Pt 1,4). Con questa Rivelazione infatti Dio invisibile (cfr. Col 1,15; 1 Tm 1,17) nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici (cfr. Es 33,11; Gv 15,14-15) e si intrattiene con essi (cfr. Bar 3,38), per invitarli e ammetterli alla comunione con sé.” Sottolineiamo alcuni aspetti: la scelta di rivelarsi è di Dio, poteva anche non rivelare la sua volontà; si rivela mediante il verbo fatto carne, scegliendo di abitare la storia e permettendo agli uomini di conoscere il Padre; ha reso l’uomo partecipe della sua stessa natura; e questa rivelazione avviene con Dio che si intrattiene con gli uomini come con amici: la scena (Genesi 3) di Dio che passeggia per il giardino cercando l’uomo per dialogare è insuperabile!
Il peccato non scalfisce il desiderio di Dio, anzi lo rende ancor più impegnato nel ricercare l’uomo e far percepire che la sua scelta di Alleanza è rimasta immutata (vedi Ezechiele 16). Da parte dell’uomo, però, la relazione è inquinata: rimane scritto nella natura umana il sospetto che Dio non voglia essere nostro alleato, bensì un Faraone da servire e un Giudice misterioso. In particolare, ed è un aspetto che tutti abbiamo potuto sperimentare, un segno eloquente e drammatico della relazione inquinata è la malattia: in ogni caso, mette nella condizione di non sentirsi più liberi di agire. Se poi si tratta di una forma grave, che rende la vita un calvario di sofferenza, fa nascere la domanda sul senso della vita stessa. Se poi, ed è capitato troppe volte, la malattia è vissuta come castigo di Dio, la nostra relazione con Lui rischia di essere definitivamente inquinata!
E Gesù cosa fa? Per mostrare che è arrivato il Regno di Dio, guarisce i malati e in un gesto solo restituisce dignità all’uomo, lo consegna alla vita nella città e fa percepire l’abbraccio di Dio. Gesù non si dilunga nemmeno sulla discussione sulla colpa inscritta nella malattia: è colpa del soggetto, dei suoi genitori, dell’umanità… Perché sembra chiaro che un destino così tragico debba avere un colpevole, ma Gesù sa che questa discussione porterebbe alla fine ad attribuirla al Padre. È la domanda che è sbagliata, non porta a nulla che sia significativo per chi soffre! Guarendo, Gesù vuol mostrare in cosa dobbiamo identificare il Padre: nella vita! È evidente che se la guarigione vuole essere rivelazione della volontà di Dio di essere amico dell’uomo e di intrattenersi con esso raccontandosi, comprenderà i cinque sensi. Vediamo due esempi.
Marco 7,31 “Di ritorno dalla regione di Tiro, passò per Sidone, dirigendosi verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. 32 E gli condussero un sordomuto, pregandolo di imporgli la mano. 33 E portandolo in disparte lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; 34 guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e disse: «Effatà» cioè: «Apriti!». 35 E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente”.
Sorprende sempre l’estrema concretezza dei gesti di Gesù: prende con sé il sordomuto, vuole una relazione personale con lui, anche perché compie un gesto, descritto nei minimi particolari, che certamente è imbarazzante: Gesù gli mette le dita negli orecchi e con la sua saliva gli tocca la lingua! Potremmo paragonarlo a un abbraccio particolare con un bacio che certamente avrà trasmesso una forza inimmaginabile, difficile da rendere a parole. Infatti, il testo la descrive con una immagine poco realistica: si scioglie il nodo della sua lingua! Ma questo è l’episodio visto dalla parte di Gesù. Dalla parte del sordomuto, forse le cose cambiano: provate a chiedere se qualcuno dei vostri bambini del catechismo vuole fare il sordomuto! Allora si possono immaginare tutte le resistenze che avrà mostrato e, al tempo stesso, il tentativo di Gesù di farlo sentire a suo agio in questa relazione nuova: la finezza di Gesù di portarlo lontano è indice di un uomo che conosce l’imbarazzo di alcuni gesti intimi fatti in pubblico. Se però sappiamo come è avvenuta la guarigione è perché colui che è stato sanato lo ha raccontato, finalmente liberato nella relazione e accolto in un rapporto da testimoniare anche fin nei minimi particolari. Il secondo esempio è la guarigione del cieco nato.
Giovanni 9,1 “Passando vide un uomo cieco dalla nascita 2 e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?». 3 Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio. ….». 6 Detto questo sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco 7 e gli disse: «Và a lavarti nella piscina di Sìloe (che significa Inviato)». Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.
Che cosa avrà significato il fango sugli occhi (tra l’altro prodotto con lo sputo)? È come se Gesù facesse sentire al cieco la pesantezza della malattia, gliela facesse percepire al tatto e, sempre attraverso il tatto, gli facesse vivere la guarigione, avvenuta attraverso un lavaggio che dona la vista. Anche qui basta un po’ di fantasia nello sporcarsi con terra, fango, sentendo la pesantezza della situazione e anche l’imbarazzo nel non potersi presentare come vorremmo. La liberazione sarà percepita come vera restituzione alla situazione più normale per l’uomo: buona relazione con gli altri a partire dalla salvezza ricevuta gratuitamente da Dio.
Ottavio Pirovano
Cooperativa Aquila e Priscilla
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