Il “Trittico di santa Liberata” di Hieronymus Bosch testimonia il culto di santa Vilgefortis, oggi ufficialmente abolito.
Il “Trittico di santa Liberata” di Hieronymus Bosch testimonia il culto di santa Vilgefortis, oggi ufficialmente abolito.
Dopo il restauro del Trittico di santa Liberata dipinto dal pittore fiammingo Hieronymus Bosch tra il 1495 e il 1505, sul volto della santa emerse una leggera peluria, che ha permesso di associarla alla devozione per santa Vilgefortis. Questa martire leggendaria, il cui culto ufficiale è stato abolito dalla Chiesa poco dopo il Concilio Vaticano II, nel 1969, perché non vi erano sufficienti prove storiche della sua esistenza, era conosciuta, e confusa, con molti nomi, tra cui Kummernis, Ontkommer, Starosta, Débarras e, appunto, Liberata. La sua venerazione era diffusa in diversi Paesi europei, come in Spagna, Germania, Boemia, Inghilterra e nelle Fiandre (da dove sembra si sia diffuso il culto nel Quattrocento), nei quali la sua figura era declinata a livello locale, mentre in Italia rimase pressoché sconosciuta.
La leggenda narra che Vilgefortis, nome che deriva dal latino virgo fortis (vergine forte), fosse la figlia di un re pagano del Portogallo vissuta, a seconda delle tradizioni, nella prima cristianità, nell’ottavo secolo o anche più tardi. Il padre, non sapendo che lei si era convertita al cristianesimo e aveva fatto voto di castità, la promise in sposa a un principe pagano. Per difendere le sue scelte, Vilgefortis pregò Dio di trasfigurare la sua bellezza e renderla ripugnante. Così, la notte precedente il matrimonio una barba crebbe sul suo viso, facendo allontanare il promesso sposo e portando il padre, accecato dall’ira, a ordinare la sua crocifissione.
Nel quadro, si riconoscono in primo piano il re, mentre indica severo la punizione a cui ha destinato la figlia, e il principe, svenuto dopo aver visto la terribile trasformazione della sua promessa sposa. Lei è posta su una croce, con il corpo che si staglia contro il cielo nella parte alta del dipinto, distaccato dalla brulicante folla sottostante. Considerando anche che il gruppo con il principe rimanda a quello tradizionale di Maria ai piedi del Crocifisso, questa scena richiama chiaramente l’iconografia della crocifissione di Cristo, sottolineando dunque la similarità dei sacrifici.
L’immagine di Vilgefortis, poi, viene associata al Volto Santo, l’antica statua lignea del Cristo crocifisso nella Cattedrale di San Martino a Lucca (clicca qui per saperne di più), dove Gesù è raffigurato con una veste a tunica e una cintura. Infatti, la nascita della leggenda della santa potrebbe essere connessa all’arrivo nel tardo Medioevo di crocifissi dal Medio Oriente nei quali Cristo non indossa il tipico perizoma dell’iconografia europea, ma una tunica lunga fino alle caviglie. Vedendo queste immagini, probabilmente si pensò a una figura femminile crocifissa e si congetturò il motivo della sua barba. La loro popolarità e le tante copie a stampa diffusero l’equivoco, e la devozione (si pensi alla statua barocca nel santuario di Loreto a Praga), dal nord dell’Europa ai Paesi mediterranei, portando nel XVII secolo alla contaminazione col culto di santa Liberata, anch’essa vergine e martire, ma uccisa con un colpo di spada.
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