In Burkina Faso escalation di attacchi terroristici contro i cristiani

Nel Paese africano presi di mira anche molti musulmani: i legami di fratellanza tra religioni rischiano di rompersi.

In Burkina Faso, dopo che il 15 febbraio scorso il missionario salesiano spagnolo p. Antonio César Fernández Fernández era stato ucciso ad un posto di controllo a Nohao, al confine con il Ghana, a maggio si sono moltiplicati gli attacchi contro i cristiani. Domenica 12 maggio, nella parrocchia di Dablo, un gruppo armato ha ucciso don Siméon Yampa e cinque fedeli, mentre il giorno dopo durante una processione mariana a Singa hanno trovato la morte quattro fedeli e la statua della Vergine è stata distrutta.

Ieri, nel villaggio di Toulfé della provincia settentrionale di Loroum, la messa domenicale del mattino è stata sconvolta da quattro omicidi e diversi feriti. Secondo quanto riportato dall’Agenzia Fides, otto uomini pesantemente armati, arrivati in motocicletta, hanno sparato all’impazzata. I vescovi dell’Africa occidentale, riuniti in assemblea plenaria, hanno comunicato che «di fronte a questa inquietante ondata di violenza che soffia non solo sul Burkina Faso ma anche su Niger, Mali e Nigeria, esprimiamo la nostra più forte condanna e vogliamo assicurare i nostri fratelli e sorelle colpiti dalla violenza la nostra solidarietà, la nostra preghiera e la nostra compassione».

In un’intervista a La Croix Africa riportata da Mondo e Missione, l’arcivescovo di Ouagadougu Philippe Ouédraogo ha evidenziato due questioni riguardo agli attentati terroristici in Burkina Faso. In primo luogo, l’estensione del problema.

“Tutta una sotto regione è traumatizzata dal terrorismo. È una questione di vite umane. Per noi la vita umana è sacra e non può essere soppressa per alcun motivo. Il nemico che abbiamo di fronte è invisibile ed è ciò che ci fa male. Possiamo solo deplorare gli attentati e trovare un modo per difenderci. Ma siamo deboli e dobbiamo associarci per far fronte a questo dramma.”

La seconda osservazione del cardinale riguarda la vita comunitaria. Infatti, nel Paese diverse confessioni religiose hanno sempre convissuto pacificamente e il terrorismo rischia di rompere i legami di fratellanza che si sono creati negli anni nella società.

“Per esempio io vado alla preghiera della fine del Ramadan. A Natale e Pasqua la comunità musulmana invia degli imam per porgere gli auguri alla comunità cattolica. Con i nostri fratelli protestanti ci si chiama e ci si fa visita reciprocamente. Ciò che è accaduto mette in discussione tutto quello che si è creato finora e che funge da base alla vita sociale qui. Ci si vuole impantanare in una sbandata etnica a colorazione religiosa, ma raccoglieremo insieme questa sfida.”

Anche perché non sono solo i cristiani a essere bersaglio delle violenze, ma anche molti musulmani. Secondo l’arcivescovo, l’obiettivo dei terroristi è difficile da capire, perché prima prendevano di mira principalmente le forze dell’ordine, ora sempre più i civili, come i familiari delle forze di polizia, generando conflitti intestini.