“Il rosario” di Cagnaccio di San Pietro è un’opera anomala negli anni del fascismo per la sua religiosità dolente e sospesa.
“Il rosario” di Cagnaccio di San Pietro è un’opera anomala negli anni del fascismo per la sua religiosità dolente e sospesa.
Recensendo una mostra personale del 1936 dedicata al pittore Cagnaccio di San Pietro alla Galleria Trieste, l’Osservatore Romano scriveva: «L’arte del pittore rispecchia il suo passato risanato, i suoi intendimenti nuovi, il suo atto di fede nel Dio onnipotente». È ciò che emerge anche dalla sua opera religiosa Il rosario, dipinta tra il 1932 e il 1934 ed esposta alla Biennale di Venezia di quest’ultimo anno e alla Quadriennale di Roma del successivo, come scrive Vittorio Sgarbi su Avvenire. Natalino Bentivoglio Scarpa – questo il suo vero nome – nacque nel 1897 e visse fino ai dieci anni sull’isola di San Pietro in Volta, nell’estuario di Venezia. Figlio di pescatori, proprio negli anni di realizzazione del quadro scrisse di sé: «Mia scuola e mio maestro: la natura. E senza il più piccolo patrimonio, e senza il più piccolo dono all’infuori di quello datomi della natura, imparai ogni cosa a mie spese. Il male l’ho conosciuto così bene da scontarlo con rimorso. E il bene col fortificarmi ed elevarmi nello spirito».
Il mare, ambiente totalizzante durante l’infanzia dell’artista, è una presenza silenziosa sullo sfondo de Il Rosario, tra una piccola striscia di cielo azzurro e una spiaggia grigio-violacea straniante. Davanti ad esso, una donna in là con gli anni vestita di nero, la figlia e i due nipoti stanno recitando il rosario: sono la suocera, la moglie Mima e i figli del pittore. I tre personaggi più giovani hanno gli occhi sbarrati, rivolti verso l’alto mentre recitano una preghiera, mentre l’anziana ha uno sguardo dolente e le labbra serrate, appoggiata saldamente su una sedia impagliata inclinata come fosse un inginocchiatoio provvisorio. Sta sgranando il rosario con la mano destra, pensando al marito e al figlio che il mare, ora tranquillo alle sue spalle, le ha portato via in passato. La scena rappresenta dunque il dolore e la speranza, intrisi di un sentimento religioso che sa che Dio non risponde a comando, ma considera la speranza come grazia.
Lo stile pittorico è plastico e vitreo e mostra una scena in modo a prima vista completamente realistico, ma in realtà straniante (ad esempio, la spiaggia sembra un pavimento). Il quadro si inserisce nel clima delle correnti contemporanee del Realismo magico e della Nuova oggettività (Neue Sachlichkeit), anche se rappresenta un’anomalia per quegli anni. Infatti, se gli artisti di queste scene artistiche usavano l’apparente realismo o l’oggettività della rappresentazione per esprimere nostalgie o denunciare malesseri (siamo negli anni delle dittature nazi-fasciste e prossimi alla Seconda Guerra Mondiale), Cagnaccio qui usa questa modalità espressiva con una declinazione più umana e cristiana. Egli mostra gli affetti domestici di persone umili, legati alla volontà del Signore. Il fascismo propagandava l’esaltazione della forza e il dolore eroico, mentre in quest’opera c’è la manifestazione di una intensa e disarmata verità religiosa, integra come le forme solide e inscalfibili della pittura, come la fede in Dio dell’anziana che attende in un’atmosfera sospesa.
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