Per il vescovo di Alto Solimões, in Brasile, Adolfo Zon servono pazienza e presenza fisica per ascoltare e accompagnare le comunità.
Per il vescovo di Alto Solimões, in Brasile, Adolfo Zon servono pazienza e presenza fisica per ascoltare e accompagnare le comunità.
In vista del Sinodo dei Vescovi per l’Amazzonia, che si terrà in ottobre, Mese Missionario Straordinario, l’Agenzia Fides ha rivolto alcune domande a monsignor Adolfo Zon, missionario saveriano spagnolo in Brasile dal 1993 e vescovo di Alto Solimões dal 2014. Impegnato nella regione amazzonica, sa bene quali siano le caratteristiche necessarie ai missionari in queste terre, che per lui sono «canali della grazia di Dio, che possono aiutare o ostacolare l’inculturazione del Vangelo».
“Ci deve essere prima di tutto l’incarnazione, mettere i piedi su questa terra, togliersi i sandali, come sul Monte Horeb, perché Dio è già qui, per ascoltare, per conoscere le idiosincrasie. Non possiamo seminare e volere già i frutti, perché l’evangelizzazione è un processo, […] in modo che la Parola di Dio possa penetrare nel cuore delle persone e cominciare ad operare.”
Quindi, fondamentale è la pazienza. Inoltre, per un missionario è necessaria la presenza fisica, perché è solo stando nelle comunità che si può ascoltare la gente e accompagnare il processo. Non basta costruire una cappella per avere una presenza evangelizzatrice, occorre aiutare le persone a prendere coscienza di essere la Chiesa di Gesù in quel preciso luogo.
“In Amazzonia, date le distanze e la dispersione, ogni comunità deve avere questa fede di essere la Chiesa di Dio in quel luogo, deve promuovere i ministeri per mantenere la presenza della Chiesa in quei piccoli luoghi, favorendo la crescita di una Chiesa tutta ministeriale, per riconoscere i talenti di ciascuna persona e metterli al servizio della comunità.”
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