Catechesi del Buon Pastore: come sviluppare il potenziale religioso del bambino

Un libro edito dalla Facoltà Teologica del Triveneto propone tale metodo in particolare per le scuole dell’infanzia.

Alcuni orientamenti psico-pedagogici, tra cui quello di Maria Montessori, hanno considerato il fatto religioso come un’infrastruttura psichica del bambino e, quindi, parte integrante della cura dell’infanzia. Assieme all’educatrice montessoriana Gianna Gobbi, la letterata, filologa e biblista Sofia Cavalletti (1917-2011) ideò un metodo attivo denominato “catechesi del Buon Pastore”, basato sullo sviluppo del potenziale religioso del bambino da tre a sei anni e da sei a dodici. Tale sistema, nato come percorso di catechesi in contesti religiosi e culturali molto diversi da quelli odierni, ha oggi bisogno di aggiornamenti e adattamenti, ma riesce ancora a indicare una direzione da seguire.

Con il libro Il potenziale religioso del bambino. Percorsi di Irc ispirati a Sofia Cavalletti, pubblicato da Triveneto Theology Press della Facoltà Teologica del Triveneto, Chiara Brunello invita a entrare nel mondo del senso religioso nell’infanzia e della sua educabilità, che implica lavorare all’esistenza insieme ai bambini con uno sguardo e un ascolto che richiedono una riflessione incessante. L’autrice descrive e delinea le modalità di applicazione del metodo di catechesi, mettendone in evidenza potenzialità e limiti e tentando di avvalorarne la legittimità psicopedagogica e la plausibilità alla luce delle principali teorie sul senso religioso del bambino.

Nella prefazione Michele Visentin, docente di Pedagogia e progettazione didattica all’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Padova di Padova, scrive che Brunello invita «a entrare in una radura pedagogica ancora poco esplorata» e «a rivolgere il pensiero allo “sconosciuto” bambino che ci incontra con le sue grandi domande». Perché il lavoro dell’autrice non rimanga un contenuto astratto, si deve presupporre che «l’educatore non si chiami fuori e accetti di riconoscere lo sconosciuto che incontra nel bambino e nella realtà nel suo complesso» e che «il senso religioso del bambino è inseparabile dalla religiosità e dall’esperienza religiosa della persona che lo educa». Per questo, educatori ed educatrici devono essere «persone aperte al mistero, disponibili a riconoscere il limite che costituisce la natura umana e la sua costitutiva dipendenza a ciò che la trascende».

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