La cattedrale maronita di Aleppo è riemersa dalle ceneri

Ma nella città siriana gli abitanti cristiani sono diminuiti dai 180.000 presenti prima del conflitto ai 30.000 di oggi.

Sette anni fa, la cattedrale cristiana maronita di Sant’Elia ad Aleppo fu gravemente danneggiata da un gruppo di jihadisti durante la guerra in Siria, ma già dall’anno precedente le celebrazioni erano state sospese. Sette giorni fa, la chiesa, edificata nel 1873 nel quartiere Al Jdeydeh, è stata ufficialmente riaperta e riconsacrata dopo lunghi lavori di riparazione. Alla fondazione di diritto pontificio Aiuto alla Chiesa che Soffre, l’arcivescovo maronita mons. Joseph Tobij ha commentato così l’apparente ritorno alla normalità, visto che gli abitanti cristiani di Aleppo sono drasticamente diminuiti dai circa 180.000 presenti prima del conflitto ai 30.000 di oggi.

«La riapertura della cattedrale dal punto di vista simbolico rappresenta un messaggio ai parrocchiani e ai cristiani di Aleppo e del mondo ancora presenti nel Paese, nonostante i nostri numeri vadano riducendosi. […] La principale difficoltà della riedificazione è stata il reperimento dei fondi, che è stato agevolato e sostenuto da Aiuto alla Chiesa che Soffre. La ricostruzione del tetto di legno, esattamente come quello originale, è stata un’altra sfida. Mancavamo di competenze locali in questo settore, per cui abbiamo chiesto ad architetti italiani di disegnare il progetto del tetto di legno».

I nove anni di guerra hanno devastato il tessuto sociale della Siria e la comunità cristiana locale è stata tra le prime vittime della violenza. Una volta, Aleppo era la terza città del mondo arabo con la maggiore presenza di cristiani dopo Beirut e Il Cairo. La popolazione musulmana ha sempre convissuto con genti di popolazioni diverse, dagli armeni ai curdi fino ai turchi, vista la posizione della città nel nord del Paese. Ma il conflitto ha ridotto tutto in macerie. In un’intervista a Vatican News, mons. Tobij ha dichiarato:

«Dal punto di vista della sicurezza, eccetto certe zone della Siria nord-nord ovest, la situazione è migliorata. Invece c’è una guerra peggiore delle bombe. C’è la guerra delle sanzioni economiche appesantite ultimamente e la conseguenza diretta di questo è la povertà che è aumentata in modo eccessivo. Per darvi un esempio, un impiegato statale guadagna circa 20 euro al mese, quindi potete immaginare quanta sofferenza, anche senza bombe: mancanza di medicine, mancanza di macchinari di tutti i generi, e tutto per causa delle sanzioni e dell’embargo, con la ruota dell’economia ancora ferma. E questo dà alla gente un senso di tristezza e di buio per il futuro, non sappiamo cosa ne sarà del nostro futuro. E così tanti ancora mirano al sogno occidentale e a scappare da qua e dalla fame.»