La Chiesa ripudia la “dottrina della scoperta”

In una nota ufficiale viene riconosciuto l’errore storico e chiesto perdono per il dolore provocato alle popolazioni indigene.

In una nota congiunta dei Dicasteri per la cultura e l’educazione e per il servizio dello sviluppo umano integrale, la Chiesa cattolica riconosce i propri errori in merito alla cosiddetta “dottrina della scoperta”, che ha contribuito a produrre «i terribili effetti delle politiche di assimilazione e il dolore provato dalle popolazioni indigene», e chiede perdono. Infatti, secondo questa “dottrina” «la scoperta di terre da parte dei coloni concedeva il diritto esclusivo di estinguere, mediante acquisto o conquista, il titolo o il possesso di quelle terre da parte delle popolazioni indigene», concetti che per alcuni studiosi si basano su diversi documenti papali come le bolle Dum diversas (1452), Romanus pontifex (1455) e Inter caetera (1493). Nella nota si legge:

«La “dottrina della scoperta” non fa parte dell’insegnamento della Chiesa cattolica. La ricerca storica dimostra chiaramente che i documenti papali in questione, scritti in un periodo storico specifico e legati a questioni politiche, non sono mai stati considerati espressioni della fede cattolica. Allo stesso tempo, la Chiesa riconosce che queste bolle papali non riflettevano adeguatamente la pari dignità e i diritti dei popoli indigeni. La Chiesa è anche consapevole del fatto che il contenuto di questi documenti è stato manipolato a fini politici dalle potenze coloniali in competizione tra loro, per giustificare atti immorali contro le popolazioni indigene, compiuti talvolta senza l’opposizione delle autorità ecclesiastiche».

È nell’attuale contesto di dialogo con i popoli indigeni che la Chiesa ha sentito l’importanza di affrontare questo tema, riconoscendo la debolezza umana e i fallimenti dei discepoli di Cristo nella storia e impegnandosi a promuovere la fraternità universale e il rispetto della dignità di ogni individuo. Il cardinale José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la cultura e l’educazione, ha commentato: «Questa nota fa parte di quella che potremmo chiamare l’architettura della riconciliazione, ed è anche il prodotto dell’arte della riconciliazione, il processo in cui le persone si impegnano ad ascoltarsi, a parlarsi e a crescere nella comprensione reciproca. […] È ascoltando i popoli indigeni che la Chiesa sta imparando a comprendere le loro sofferenze, il passato e il presente, e le nostre mancanze».

Il cardinale Michael Czerny, prefetto del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, ha spiegato che questa nota nasce da una richiesta da parte dei popoli indigeni di ripudiare formalmente la “dottrina della scoperta”. Giustamente, aggiunge, le decisioni papali dell’epoca, che comunque non esprimono un magistero o una dottrina, vanno inquadrati nel loro contesto storico, ricordandosi anche che nella bolla Sublimis Deus del 1537 c’è scritto, in aperta contraddizione con le altre: «Definiamo e dichiariamo che i cosiddetti indiani e tutti gli altri popoli non siano in alcun modo privati della loro libertà o del possesso dei loro beni». Ma bisognava riconoscere che gli atteggiamenti sostenuti da quei documenti continuano ad avere un effetto ancora oggi e, per questo, serviva un chiarimento storico in un mondo in cui il concetto di dominazione persiste.