Dalle torture tra le sacre mura agli attacchi alla Caritas fino alla distruzione degli edifici di culto, si moltiplicano gli orrori degli invasori russi.
Dalle torture tra le sacre mura agli attacchi alla Caritas fino alla distruzione degli edifici di culto, si moltiplicano gli orrori degli invasori russi.
Una famiglia ucraina e una famiglia russa: sono loro che hanno preparato la meditazione per la tredicesima stazione della Via crucis presieduta da Papa Francesco il Venerdì santo, che si terrà al Colosseo dopo due anni di assenza a causa della pandemia. Il momento in cui due donne, Albina e Irina, porteranno la croce è uno dei più dolorosi, quello della deposizione di Cristo dalla croce e della consegna del suo corpo a Maria, e simboleggia la situazione in cui si trovano le madri ucraine e russe, con i loro figli che combattono una guerra devastante. Allora risuoneranno queste parole: «Signore dove sei? Parla nel silenzio della morte e della divisione ed insegnaci a fare pace, ad essere fratelli e sorelle, a ricostruire ciò che le bombe avrebbero voluto annientare».
Queste due donne, scandalosamente insieme in silenzio sotto la croce, vogliono essere «un segno profetico mentre le tenebre sono fitte» per una riconciliazione che arrivi a farci evangelicamente amare il nemico, come dice padre Antonio Spadaro. L’invocazione a Dio deve essere più forte che mai, perché le ultime notizie dall’Ucraina sono drammatiche e colpiscono direttamente anche la Chiesa. Ad esempio, su Famiglia Cristiana si legge che l’arcivescovo maggiore di Kyiv ha denunciato che nella chiesa ortodossa dell’Ascensione del Signore, situata nel villaggio di Lukashivka nella regione di Chernihiv, questa domenica gli occupanti russi hanno torturato militari e civili, profanando il luogo sacro.
Come scrive Avvenire, il direttore della Caritas Ucraina di Mariupol fr. Rostyslav Spryniuk ha rivelato che due operatrici sono state prese da soldati russi e condotte con la forza in Russia. Gli invasori la chiamano “evacuazione volontaria”, ma sotto la minaccia di un fucile non ci può essere molta libertà di scelta. Poco prima, le due donne si erano salvate dall’attacco di un carro armato russo alla loro sede, che ha causato la morte di sette persone tra cui due operatori della Caritas lì rifugiatisi con le proprie famiglie, perché si trovavano in un altro edificio. Nascoste sotto una scala, sono poi riuscite a scavarsi una via d’uscita tra le macerie, ma si sono trovate tra le mani del nemico.
Dall’inizio della guerra, ormai un mese e mezzo fa, sono inoltre state distrutte o danneggiate sessanta chiese in almeno otto regioni ucraine, secondo le parole dell’ambasciatore ucraino presso la Santa Sede, Andriy Yurash, riportate dall’Agenzia SIR. Egli ha aggiunto che in molte città le porte degli edifici di culto sono comunque rimaste aperte per accogliere le persone rifugiate. Considerando tutto questo questo orrore, la tredicesima stazione della Via Crucis papale di quest’anno terminerà con questa preghiera: «Signore Gesù, che dal tuo costato trafitto hai fatto sgorgare la riconciliazione per tutti, ascolta le nostre umili voci: dona alle famiglie distrutte da lacrime e sangue di credere nella potenza del perdono e a tutti noi di costruire pace e concordia».
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