Cina, multato per aver ospitato in casa una messa

La celebrazione del vescovo Pietro Shao Zhumin, riconosciuto dal Papa ma non dal Partito, è costata molto cara.

Mons. Pietro Shao Zhumin, vescovo della diocesi di Wenzhou, in Cina, il 16 marzo ha officiato una messa nella cappella privata del signor Huang Ruixun, assieme a una ventina di fedeli. L’abitazione si trova nella contea di Cangnan, nella zona del Zhejiang dove i cristiani superano il 10% della popolazione. Ma il vescovo è riconosciuto dal Papa, non dal Partito. Così, il locale Ufficio affari religiosi ha denunciato il fedele che lo ha ospitato nella sua abitazione, multandolo di ben duecentomila yuan, pari a oltre venticinquemila euro.

Come raccontato da AsiaNews, il motivo della denuncia è legato al fatto che ciò che è avvenuto è stato giudicato un’attività religiosa illegale, contraria ai Nuovi regolamenti sulle attività religiose. Questi prevedono che i riti “normali” avvengano soltanto in luoghi registrati presso il governo. Ma la casa privata del signor Huang dovrebbe poter essere usata come cappella privata. Inoltre, l’Accordo provvisorio sino-vaticano, trattando solo delle nomine dei nuovi vescovi, lascia in sospeso la questione dei vescovi non ufficiali per il Partito, ma riconosciuti dalla Santa Sede. Invece, le azioni governative contro di loro non rispettano questo stand-by e sono sempre più vistose tra arresti, isolamenti e multe.

La denuncia ha riguardato anche un’altra violazione: siccome l’organizzazione dell’attività illegale sarebbe stata ordinata da un’istituzione straniera, il principio di indipendenza, autonomia e autogestione della Chiesa in Cina non sarebbe stato rispettato. Ovvero, il Vaticano avrebbe agito attraverso il vescovo Shao Zhumin contro ciò contro lo stato cinese e la sua legge che regolamenta lo svolgimento del ministero religioso.

Inoltre, dal primo maggio nuove misure amministrative obbligheranno ogni figura religiosa, di qualsiasi fede, a rispettare questi criteri: «Amare la madrepatria, sostenere la leadership del Partito comunista cinese, sostenere il sistema socialista, rispettare la Costituzione, le leggi, i regolamenti e le regole, praticare i valori fondamentali del socialismo, aderire al principio di indipendenza e autogestione della religione e aderire alla politica religiosa della Cina, mantenendo l’unità nazionale, l’unità etnica, l’armonia religiosa e la stabilità sociale». La riconciliazione tanto desiderata da papa Francesco sembra ancora più lontana.