Dopo i violenti scontri fra israeliani e palestinesi, a Nablus cresce la paura di un peggioramento della situazione.
Dopo i violenti scontri fra israeliani e palestinesi, a Nablus cresce la paura di un peggioramento della situazione.
Sono giorni di grande tensione in Cisgiordania. A Nablus, popolosa città a circa sessanta chilometri a nord di Gerusalemme, i duri scontri fra israeliani e palestinesi che hanno provocato settantacinque morti, soprattutto tra i secondi, hanno avuto conseguenze anche per i cristiani, sebbene il quartiere di Rafidia sia lontano dal centro. Don Miguel Perez Jimenez, parroco di San Giustino, ha detto ad AsiaNews: «I cristiani di Nablus non sono un obiettivo di ebrei o musulmani, sono solo parte di una comunità, cittadini nel senso pieno del termine e come tali soffrono per questa situazione».
Infatti, a essere sconvolta dagli ultimi eventi è tutta la popolazione, storicamente formata da samaritani, musulmani e cristiani. Purtroppo, questi ultimi sono abituati a tensioni del genere, che affrontano pregando e continuando la propria vita anche nel mezzo dei conflitti, seppur con un sentimento di grande dispiacere per vedere attaccato il desiderio di pace, sicurezza e armonia a causa delle violenze. Nel convento latino di Nablus, i cristiani possono contare su un edificio per la preghiera, una sala per riunioni e attività culturali, un cortile per lo sport e una scuola con classi che vanno dall’asilo alle superiori, nella quale il 90% degli iscritti appartiene ad altre comunità religiose.
Ma ora essi devono vivere in una città dove, afferma il giovane sacerdote, «le persone hanno paura a muoversi e chi soffre maggiormente sono quelli che lavorano fuori città e sono costretti a spostarsi. Anche il mercato di Nablus è in gran parte vuoto, quando di solito è gremito di gente e i banchi carichi di merci. Invece, in questi giorni il volume è diminuito e si cerca a gran fatica, e lentamente, di tornare alla normalità». Purtroppo, continua, la sensazione è che tra la gente prevalga il pessimismo e il timore di un peggioramento della situazione, a causa dell’attuale panorama politico e della contrapposizione di due visioni del mondo, oggi difficilmente conciliabili.
Stando così le cose, i recenti fatti drammatici alimentano la spirale di una violenza continua causata non solo dall’odio, col quale è possibile mediare grazie alla ragione per giungere a una soluzione comune, ma anche dalla paura. Questa è molto peggio, perché è un sentimento irrazionale e più difficile da dominare. Ma in entrambi i fronti ci sono persone stanche che vorrebbero la pace e sono pronte a confrontarsi. Don Jimenez sottolinea che «la vera Terra Santa è quella della comunione fra fratelli, non quella schiacciata dagli eserciti. L’amore fra fratelli è più forte e ciò emerge nella quotidianità, anche nella vita stessa della Chiesa. Questa è la nostra speranza e ci permette di sopportare la situazione».
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