Domenica di Pasqua

Anno A

Dopo il sabato, all’alba del primo giorno della settimana, Maria di Màgdala e l’altra Maria andarono a visitare la tomba. Ed ecco, vi fu un gran terremoto. Un angelo del Signore, infatti, sceso dal cielo, si avvicinò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. Il suo aspetto era come folgore e il suo vestito bianco come neve. Per lo spavento che ebbero di lui, le guardie furono scosse e rimasero come morte. (…)

La Pasqua è arrivata a noi attraverso gli occhi e la fede delle donne che avevano seguito Gesù, in un’alba ricca di sorprese, di corse, di paure. Maria di Magdala e Maria di Giacomo escono di casa nell’ora tra il buio e la luce, appena possibile, con l’urgenza di chi ama. E andarono a visitare la tomba. A mani vuote, semplicemente a visitare, vedere, guardare, soffermarsi, toccare la pietra. Ed ecco ci fu un gran terremoto e un angelo scese: concorso di terra e di cielo, e la pietra rotola via, non perché Gesù esca, ne è già uscito, ma per mostrarlo alle donne: venite, guardate il posto dove giaceva. Non è un sepolcro vuoto che rende plausibile la risurrezione, ma incontrare Lui vivente, e l’angelo prosegue: So che cercate Gesù, non è qui! Che bello questo: non è qui!

C’è, esiste, vive, ma non qui. Va cercato fuori, altrove, diversamente, è in giro per le strade, è il vivente, un Dio da cogliere nella vita. Dovunque, eccetto che fra le cose morte. È dentro i sogni di bellezza, in ogni scelta per un più grande amore, dentro l’atto di generare, nei gesti di pace, negli abbracci degli amanti, nel grido vittorioso del bambino che nasce, nell’ultimo respiro del morente, nella tenerezza con cui si cura un malato. Alle volte ho un sogno: che al Santo Sepolcro ci sia un diacono annunciatore a ripetere, ai cercatori, le parole dell’angelo: non è qui, vi precede. È fuori, è davanti. Cercate meglio, cercate con occhi nuovi. Vi precede in Galilea, là dove tutto è cominciato, dove può ancora ricominciare. L’angelo incalza: ripartite, Lui si fida di voi, vi aspetta e insieme vivrete solo inizi. Vi precede: la risurrezione di Gesù è una assoluta novità rispetto ai miracoli di risurrezione di cui parla il Vangelo.

Per Lazzaro si era trattato di un ritorno alla vita di prima, quasi un cammino all’indietro. Quella di Gesù invece è un cammino in avanti, entra in una dimensione nuova, capofila della lunga migrazione dell’umanità verso la vita di Dio. La risurrezione non è un’invenzione delle donne. Mille volte più facile, più convincente, sarebbe stato fondare il cristianesimo sulla vita di Gesù, tutta dedita al prossimo, alla guarigione, all’incoraggiamento, a togliere barriere e pregiudizi. Una vita buona, bella e felice, da imitare. Molto più facile fondarlo sulla passione, su quel suo modo coraggioso di porsi davanti al potere religioso e politico, di morire perdonando e affidandosi. La risurrezione, fondamento su cui sta o cade la Chiesa (stantis vel cadentis ecclesiae) non è una scelta degli apostoli, è un fatto che si è imposto su di loro. Il più arduo e il più bello di tutta la Bibbia. E ne ha rovesciato la vita.

Letture della domenica di Pasqua: Atti 10,34a.37–43; Salmo 117; Colossesi 3,1–4; Giovanni 20,1–9 (il Vangelo qui commentato è quello della Veglia pasquale: Matteo 28,1-10)

Ermes Ronchi
Avvenire

Se Maria di Mágdala si fosse recata al sepolcro un giorno prima, avremmo celebrato la Pasqua un giorno prima. Scrive Giovanni nel capitolo 20: “Il primo giorno della settimana” – letteralmente “nel primo dopo il sabato” – “Maria di Mágdala si recò al sepolcro”. Perché Maria di Mágdala non si è recata al sepolcro subito dopo la sepoltura di Gesù, ma ha atteso il primo giorno dopo il sabato? Perché è ancora condizionata dall’osservanza della legge del riposo del sabato. E quindi l’osservanza della legge ha impedito di sperimentare subito la potenza della vita che c’era in Gesù, una vita capace di superare la morte.

L’evangelista, attraverso questa indicazione, vuole segnalare ai suoi lettori che l’osservanza della legge ritarda l’esperienza della nuova creazione che viene inaugurata da Gesù. L’espressione “il primo della settimana” richiama infatti al primo giorno della creazione. In Gesù c’è una nuova creazione, quella veramente creata da Dio non conosce la morte, non conosce la fine. Ma la comunità, rappresentata da Maria di Mágdala, è ancora condizionata dall’osservanza della legge, per questo ritarda l’esperienza della risurrezione.

“Si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio”. Le tenebre sono immagine dell’incomprensione della comunità che ancora non ha compreso Gesù, che si è definito “luce del mondo”, il suo messaggio, la sua verità. “E vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro”. Ebbene, la prima reazione di Maria di Mágdala è correre da Simon Pietro e “dall’altro discepolo”. Gesù aveva detto: “«Viene l’ora in cui vi disperderete, ciascuno per conto suo»”. Ebbene, l’evangelista attribuisce a questa donna, Maria di Mágdala, il ruolo del pastore che raduna le pecore che si erano disperse. “E annunciò loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!»” Non parla di un corpo, ma parla del Signore. E quindi già c’è l’allusione che è vivo questo Gesù.

Ebbene, Pietro e l’altro discepolo cosa fanno? Si recano al sepolcro, l’unico posto dove non dovevano andare. Nel vangelo di Luca sarà espresso molto chiaramente dagli uomini che frenano le donne che vanno al sepolcro, «Perché cercate tra i morti colui che è vivo?». Ebbene, Pietro e l’altro discepolo vanno in cerca del Signore nell’unico posto dove lui non c’è, cioè nel luogo della morte. Come Maria, per l’osservanza del sabato ha ritardato l’esperienza di una vita più forte della morte, perché Gesù non può essere trattenuto nel sepolcro, luogo di morte. Lui è vivente. Così i discepoli vanno al sepolcro, l’unico posto dove non si può trovare Gesù. Se si piange la persona come morta, cioè se ci si rivolge al sepolcro, non la si può sperimentare viva e vivificante nella propria esistenza.

Corrono tutti e due i discepoli, giunge per primo il discepolo amato, quello che ha l’esperienza dell’amore di Gesù. Pietro, che ha rifiutato di farsi lavare i piedi e quindi non ha voluto accettare l’amore di Gesù espresso nel servizio, arriva più tardi. Ma l’altro discepolo si ferma e permette che sia Pietro il primo ad entrare. Perché? È importante che il discepolo che ha tradito Gesù e per il quale la morte è la fine di tutto – e questo era il motivo del tradimento – faccia per primo l’esperienza della vita. E poi entra anche l’altro discepolo, “vide e credette”. Ma il monito dell’evangelista molto importante è che “non avevano ancora compreso le Scritture che cioè egli doveva risorgere dai morti”. La preoccupazione di Giovanni è che si possa credere alla risurrezione di Gesù solo vedendo i segni della sua vittoria sulla morte. No!

La risurrezione di Gesù non è un privilegio concesso a qualche personaggio duemila anni fa, ma una possibilità per tutti i credenti. Come? Lo dice l’evangelista. “Non avevano ancora compreso le Scritture che cioè egli doveva risorgere dai morti”. L’accoglienza della Scrittura, la parola del Signore, nel discepolo, la radicalizzazione di questo messaggio nella sua vita, e la sua trasformazione, permettono al discepolo di avere una vita di una qualità tale che gli fa sperimentare il risorto nella sua esistenza. Non si crede che Gesù è risorto perché c’è un sepolcro vuoto, ma soltanto se lo si incontra vivo e vivificante nella propria vita.

p. Alberto Maggi
Il dialogo