Letture: Isaia 55, 10-11; Salmo 64; Romani 8, 18-23; Matteo 13, 1-23
Egli parlò loro di molte cose con parabole. Magia delle parabole: un linguaggio che contiene di più di quel che dice. Un racconto minimo, che funziona come un motore: lo leggi e accende idee, evoca immagini, suscita emozioni, ti mette in viaggio. Gesù osserva la vita e nascono parabole. Osserva un seminatore, e nel suo gesto intuisce qualcosa di Dio. Prendeva storie di vita e le faceva diventare storie di Dio. E le racconta galleggiando sulle acque del lago, sopra una barca, da quel pulpito oscillante, a pochi metri da riva. C’è ancora una piccola baia nelle vicinanze di Tabgha, a circa due chilometri da Cafarnao, identificata dall’archeologo Bargil Pixner osb, come quella della predicazione di Gesù dalla barca: le sue rive formano un pendio simile a un anfiteatro.
L’acustica è ottima. Pochi mesi fa ho sostato, durante un trekking con un gruppo di amici, proprio su quel punto della riva; a lungo, in silenzio, come perduto nella folla enorme di allora, che faceva ressa, proprio qui, attorno a me. Si è aperta una breccia nel tempo, un by-pass di millenni: mi pareva di vederlo, forse, seduto sulla barca, anche se all’orecchio non giungeva nient’altro che il brivido del silenzio, di un amore senza parole. Ritorno alla sorgente, alla viva voce di Gesù: “il seminatore uscì a seminare”.
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P. Ermes Ronchi
L’Amore si dà. Anzi, come dice Meister Eckhart, non può non darsi, è obbligato. Infatti Dio non ama, è amore! Come il profumo, non decide da chi farsi avvertire. Si ri-versa su tutto e tutti: «Egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti» (Mt 5, 45), non facendo preferenza di persona (cfr. At 10, 34). Soprattutto non fa preferenze nella mia persona. Io sono terreno dove l’Amore semplicemente accade. In questa mia storia fatta di terra dura, di sassi, di rovi, di superficialità – ma anche di terra buona, Egli si dà, con tutto sé stesso. Non mi ama a pezzi; abbraccia il tutto di me: la luce e la tenebra, il bene e il male, l’ombra e lo splendore. Un amore che scegliesse cosa amare dell’amato sarebbe ancora troppo umano.
«Dio e io siamo uno; egli opera e io divengo. Il fuoco trasforma in sé ciò che vi è gettato, che diventa sua natura» (Meister Eckhart). Se Dio ha una debolezza, è dunque quella di abbracciare il tutto di me, recuperare sempre, di scommettere ancora una volta sull’amato che ha fallito, che è caduto e di non finire di rompere ciò che è già scheggiato: «Non spezzerà una canna già incrinata, non spegnerà una fiamma smorta, finché non abbia fatto trionfare la giustizia» (Mt 12, 20). E la giustizia di Dio, sappiamo, nella Bibbia si chiama fedeltà.
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Don Paolo Scquizzato
XV domenica
Tempo ordinario, Anno A
Letture: Isaia 55, 10-11; Salmo 64; Romani 8, 18-23; Matteo 13, 1-23
Egli parlò loro di molte cose con parabole. Magia delle parabole: un linguaggio che contiene di più di quel che dice. Un racconto minimo, che funziona come un motore: lo leggi e accende idee, evoca immagini, suscita emozioni, ti mette in viaggio. Gesù osserva la vita e nascono parabole. Osserva un seminatore, e nel suo gesto intuisce qualcosa di Dio. Prendeva storie di vita e le faceva diventare storie di Dio. E le racconta galleggiando sulle acque del lago, sopra una barca, da quel pulpito oscillante, a pochi metri da riva. C’è ancora una piccola baia nelle vicinanze di Tabgha, a circa due chilometri da Cafarnao, identificata dall’archeologo Bargil Pixner osb, come quella della predicazione di Gesù dalla barca: le sue rive formano un pendio simile a un anfiteatro.
L’acustica è ottima. Pochi mesi fa ho sostato, durante un trekking con un gruppo di amici, proprio su quel punto della riva; a lungo, in silenzio, come perduto nella folla enorme di allora, che faceva ressa, proprio qui, attorno a me. Si è aperta una breccia nel tempo, un by-pass di millenni: mi pareva di vederlo, forse, seduto sulla barca, anche se all’orecchio non giungeva nient’altro che il brivido del silenzio, di un amore senza parole. Ritorno alla sorgente, alla viva voce di Gesù: “il seminatore uscì a seminare”.
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P. Ermes Ronchi
L’Amore si dà. Anzi, come dice Meister Eckhart, non può non darsi, è obbligato. Infatti Dio non ama, è amore! Come il profumo, non decide da chi farsi avvertire. Si ri-versa su tutto e tutti: «Egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti» (Mt 5, 45), non facendo preferenza di persona (cfr. At 10, 34). Soprattutto non fa preferenze nella mia persona. Io sono terreno dove l’Amore semplicemente accade. In questa mia storia fatta di terra dura, di sassi, di rovi, di superficialità – ma anche di terra buona, Egli si dà, con tutto sé stesso. Non mi ama a pezzi; abbraccia il tutto di me: la luce e la tenebra, il bene e il male, l’ombra e lo splendore. Un amore che scegliesse cosa amare dell’amato sarebbe ancora troppo umano.
«Dio e io siamo uno; egli opera e io divengo. Il fuoco trasforma in sé ciò che vi è gettato, che diventa sua natura» (Meister Eckhart). Se Dio ha una debolezza, è dunque quella di abbracciare il tutto di me, recuperare sempre, di scommettere ancora una volta sull’amato che ha fallito, che è caduto e di non finire di rompere ciò che è già scheggiato: «Non spezzerà una canna già incrinata, non spegnerà una fiamma smorta, finché non abbia fatto trionfare la giustizia» (Mt 12, 20). E la giustizia di Dio, sappiamo, nella Bibbia si chiama fedeltà.
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Don Paolo Scquizzato