XXIX domenica

Tempo ordinario, Anno A

Letture: Isaia 45,1.4-6; Salmo 95; 1 Tessalonicesi 1,1-5; Matteo 22,15-21

Abbiamo sempre bisogno di appartenere a qualcuno. Siamo tutti come la moneta romana che mostrano a Gesù: «Divo Tiberio», «sono del divino Tiberio, figlio di Augusto». E io a chi appartengo? Forse alle cose, ai poteri forti, al pensiero dominante, oppure ai miei sogni, ai legami vitali, all’amore che provo e che, mi assicura la Bibbia (cf 1Gv 4,16), è «Dio che ama in me»? I filoimperiali di Erode e gli indipendentisti del sinedrio pongono a Gesù una di quelle domande taglienti che fanno impennare l’audience e dividono gli spettatori: maestro, tu che sei libero e dici le cose come stanno, che relazione hai con Cesare, con il potere?

La risposta di Gesù è acuta: come al suo solito, davanti a domande maliziose o capziose, porta gli uditori su di un altro piano, spiazzandoli con un doppio cambio di prospettiva. Primo cambio: sostituisce il verbo “pagare” con “restituire”: rendete, restituite a Cesare ciò che è di Cesare. Un imperativo forte, che coinvolge ben più di qualche moneta, che dà un’anima nuova alle relazioni: restituite il molto ricevuto, date indietro, guardate alla sorgente. Vivere è restituire vita, che viene da prima di noi e va oltre noi. Viviamo per restituire amore a chi con l’amore ci ha fatto e ci fa vivere. Come il respiro: accogli e restituisci, non lo puoi trattenere, è puro dono. «Ricevimi, donami, donandomi mi otterrai di nuovo», scrive l’antico libro dei Rig Veda.

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P. Ermes Ronchi

 

Versare l’imposta all’impero di Roma che schiaccia col suo potere arbitrario e domina illegittimamente il popolo ebraico è lecito o no? La domanda viene posta all’ebreo Gesù per coglierlo in fallo: rispondendo sì, verrebbe tacciato di collaborazionismo. Rispondendo no, è passabile di denuncia in quanto sovversivo. Ma Gesù esce dalla trappola chiedendo una moneta, e questi gliela porgono. Ipocriti e commedianti pare dire Gesù: se avete in tasca una moneta con l’effige del dio-imperatore siete di fatto già alla sua mercé, ne riconoscete l’autorità accettando la dominazione di cui siete vittime. Ora, pagare la tassa è solo un atto consequenziale e l’ultimo dei problemi.

Ma Gesù vuole far uscire i suoi uditori dall’impasse, e fargli compiere un passaggio di soglia. Pagate pure la tassa all’imperatore – pare dirci – ma non sacrificategli la vita. Gesù ha messo sempre in guardia dal sottomettersi all’autorità, di ogni genere – anche quella familiare – se questa inficia la dignità della persona: «Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada. Sono venuto infatti a separare il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera: e i nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa. Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me» (Mt 10, 34-37).

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Don Paolo Scquizzato