Battesimo del Signore

Anno B

In quel tempo, Giovanni proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo». Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nazaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E, subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. […]

Sulle rive del Giordano, il Padre presenta Gesù al mondo, lo strappa all’anonimato dei trent’anni. Gesù non aveva alcun bisogno di farsi battezzare, è come se avesse lui invece battezzato il Giordano, santificato per contatto la creatura dell’acqua. Lo sa e lo ripete il celebrante nella preghiera eucaristica terza: «Tu che fai vivere e santifichi l’universo». Straordinaria teologia della creazione: Tu che non solo dai vita all’uomo ma all’universo intero; non solo dai vita alle cose, ma le rendi sante! Santità del cielo, dell’acqua, della terra, delle stelle, del filo d’erba, del creato… «E subito, uscendo dall’acqua vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba».

Sento tutta la bellezza e la potenza del verbo: si squarciano i cieli, come per un amore incontenibile; si lacerano, si strappano sotto la pressione di Dio, sotto l’urgenza di Adamo e dei poveri. Si spalancano come le braccia dell’amata per l’amato. Da questo cielo aperto e sonante di vita viene, come colomba, il respiro di Dio. Una danza dello Spirito sull’acqua è il primo movimento della Bibbia (Gen 1,2). Una danza nelle acque del grembo materno è il primo movimento di ogni figlio della terra. Una colomba che danza sul fiume è l’inizio della vita pubblica di Gesù. Venne una voce dal cielo e disse: “Tu sei il Figlio mio, l’amato, il mio compiacimento”. Tre parole potenti, ma primo viene il tu, la parola più importante del cosmo. Un io si rivolge a un tu. Il cielo non è vuoto, non è muto. E parla con le parole proprie di una nascita.

Figlio è la prima parola, un termine potente per il cuore. E per la fede. Vertice della storia umana. Dio genera figli di Dio, genera figli secondo la propria specie. E i generati, io e tu, tutti abbiamo una sorgente nel cielo, il cromosoma divino in noi. Seconda parola: il mio nome non è solo figlio, ma amato. Lo sono da subito, da prima che io faccia qualsiasi cosa, prima che io risponda. Per quello che sono, così come sono, io sono amato. E che io sia amato dipende da lui, non dipende da me. La terza parola: in te ho posto il mio compiacimento. La Voce grida dall’alto del cielo, grida sul mondo e in mezzo al cuore, la gioia di Dio: è bello stare con te. Ti amo, figlio, e mi piaci. Sono contento di te. Prima che tu mi dica sì, prima ancora che tu apra il cuore, tu mi dai gioia, sei bello, un prodigio che guarda e respira e ama e si incanta. Ma che gioia posso dare a Dio, io con la mia vita accidentata e distratta, io che ho così poco da restituire? Con tutte le volte che mi dimentico di Lui? Eppure quelle tre parole sono per me, lampada ai miei passi, lume acceso sul mio sentiero: figlio, amato, gioia mia.

Letture: Isaia 55,1-11; da Isaia 12,1-6; 1 Giovanni 5,1-9; Marco 1,7-11

Ermes Ronchi
Avvenire

 

Il racconto del battesimo di Gesù nella versione di Marco, rispetto a quella degli altri sinottici (il Quarto vangelo, quello secondo Giovanni, non dà alcun resoconto dell’evento, ma sembra alludervi in occasione della testimonianza del Battista in Gv 1,32-34), presenta alcuni elementi peculiari. Il primo è la sua essenzialità. Nel vangelo di Matteo, al contrario, il resoconto è più lungo, perché viene inserito prima dell’evento un dialogo tra Gesù e il Battista col quale si vuole dire che Gesù non avrebbe alcun bisogno di essere battezzato. In quella occasione Gesù pronuncia le sue prime parole, riguardanti la giustizia (tema molto amato da Matteo) che deve essere compiuta. Nel vangelo secondo Luca invece avviene qualcosa di ancor più particolare: l’evangelista narra del battesimo di Gesù quando ormai ha già raccontato dell’arresto del Battista. A questo punto il lettore rimane spiazzato e si chiede chi, dunque, ha battezzato Gesù. Anche qui siamo di fronte a un espediente per risolvere la stessa evidenza difficile da accogliere: Gesù ha ricevuto il battesimo nel Giordano, da Giovanni.

Il vangelo di Marco, allora, rispetto agli altri sinottici, semplicemente attesta ciò che deve essere accaduto, e che – per un criterio di storicità chiamato “di imbarazzo” – non avrebbe avuto alcuna ragione di essere “inventato” né dagli autori dei vangeli, né dalla tradizione precedente a loro. Infatti: 1) i vangeli semplicemente non dicono perché Gesù è stato battezzato; 2) se il battesimo impartito dal Battista era per il perdono dei peccati (cf. Mc 1,4), la riflessione neotestamentaria (a partire già da Matteo, che riserva la remissione dei peccati solo al potere del sangue di Cristo, e non dall’acqua di un battesimo) attesta che Gesù non aveva alcun bisogno di tale rito; 3) chi battezza qualcuno (nel caso, Giovanni che battezzava «tutto il popolo»; cf. Lc 3,21) è normalmente maggiore di chi viene battezzato. Tutti questi elementi, e altri ancora, dicono che all’inizio del ministero pubblico di Gesù, in una fase transizionale rispetto a una qualche sua esperienza precedente (quella cioè di discepolato “dietro” a un maestro, il Battista), c’è stato un momento importante che ha rappresentato uno spartiacque.

Questo momento viene sottolineato dall’evangelista Marco grazie agli effetti del battesimo: l’aprirsi del cielo, la colomba e la voce che si rivolge a Gesù-Figlio. Mentre il secondo e il terzo elemento sono comuni anche a Matteo e a Luca, lo squarciarsi del cielo è solo di Marco, e infatti l’evangelista userà lo stesso verbo (skizo) alla fine del suo vangelo, narrando del velo del Tempio di Gerusalemme che si squarcia alla morte del Messia (cf. Mc 15,38). In tutti e due i casi, il cielo e il velo che si squarciano, siamo di fronte ad un atto di rivelazione: Dio mostra la sua presenza e la sua vicinanza, proclamando Gesù Figlio nel battesimo, e rivelandosi a tutti – dalla forma della sua Presenza nel Tempio – oltre le cortine che ne inibivano la “vista”.

Ecco perché la festa odierna bene si colloca dopo quella dell’Epifania – nella quale il Bambino viene riconosciuto come “re dei Giudei” dai sapienti venuti dall’Oriente – e prima della terza manifestazione, quella di Cana, di cui parla il vangelo secondo Giovanni. La Chiesa ha compreso l’unità di questi tre misteri, e li ha legati già nell’antica antifona del giorno dell’Epifania (antifona dei Secondi Vespri: «Tre prodigi celebriamo in questo giorno santo: oggi la stella ha guidato i magi al presepio, oggi l’acqua è cambiata in vino alle nozze, oggi Cristo è battezzato da Giovanni nel Giordano per la nostra salvezza, alleluia». Dopo il suo battesimo, e la voce di Dio che gli attesta la sua figliolanza divina, Gesù verrà messo alla prova. Con il dono di quello Spirito che – dice il Quarto vangelo, discese su di lui per rimanervi (cf. Gv 1,33) – gli darà forza, Gesù potrà portare a compimento il suo ministero e vincere la sua lotta contro il male.

Giulio Michelini
La parte buona