Letture: Esodo 24,3-8; Salmo 115; Ebrei 9,11-15; Marco 14,12-16.22-26
Un pezzetto di pane per ricordarci che non di solo pane vive l’uomo, un sorso di vino per stringere un patto valido per sempre: come al solito Gesù sovverte la nostra logica razionale. Nell’Ultima Cena coi suoi apostoli, invece di lasciare raccomandazioni e programmi come ognuno di noi avrebbe fatto, consegna, quasi fosse un testamento, il suo corpo da masticare e ingoiare in un semplice pezzo di pane. È vero, li aveva avvisati quando aveva detto “Io sono il pane della vita” e li aveva preparati “Se non mangiate la carne del Figlio dell’Uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda” (Giovanni 6,53-55), ma quanto davvero poteva aver capito quel manipolo di raccattati? E quando quella sera intorno a un tavolo, o forse seduti in terra, avevano accolto nelle mani quel boccone di pane le loro mani avranno tremato?
Mi torna in mente quell’episodio raccontato nel capitolo 19 del primo libro dei Re quando Elia, stanco e sentendosi in pericolo, chiede a Dio di lasciarlo morire. Si addormenta e viene svegliato per due volte dalla voce di un angelo che gli dice “Alzati e mangia”: vicino a lui trova una focaccia e un po’ di acqua. Quel pane gli servirà per mettersi in cammino e raggiungere il monte Oreb, dove incontrerà Dio, in un sussurro di vento. E ancora il mio pensiero corre a quei cinquemila che furono sfamati a partire da pochi pezzi di pane, perché anche loro potessero riprendere il cammino e tornare alle loro case. Il pane ci è necessario per vivere, per camminare, perché è energia immediatamente assimilabile che scorre nelle nostre vene, il pane placa la nostra fame.
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Don Luigi Verdi
Celebriamo oggi la solennità del Corpo e Sangue di Cristo, memoria dei gesti e delle parole di Gesù nell’ultima cena, rendimento di grazie per il dono di questo corpo dato che rimane presente in mezzo noi, cibo che dona forza al nostro cammino. Quello che noi celebriamo ogni giorno e soprattutto ogni domenica, l’eucaristia, è stata voluta da Gesù come memoriale che riassume tutto quello che è stata la sua vita data, fino alla morte, per ogni uomo: pane spezzato e consegnato come lui ha fatto della sua vita nella Passione; un vino versato per tutti come il suo sangue dalla croce è stato sparso come segno di un amore senza limiti di Dio per l’uomo. Ancora oggi la Chiesa ricorda quelle parole, rivive quei gesti consegnati dal Signore ai suoi discepoli, compiendo tutto in memoria di Lui, riannunciando la sua morte e la sua resurrezione nell’attesa del Suo ritorno.
Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: “Prendete, questo è il mio corpo”. Egli sceglie ciò che è frutto del nostro lavoro, ciò che fa parte della nostra quotidianità, quel cibo che chiediamo ogni giorno al Padre come dono, lo benedice e lo spezza. La vita raggiunta dalla benedizione di Dio può divenire dono, offerta ai fratelli, spezzandosi in quell’amore che non trattiene nulla per se. Questo gesto di spezzare il pane, questo simbolo di una vita data rimarrà nel profondo del cuore dei discepoli tanto che i discepoli di Emmaus riconosceranno il Risorto proprio in quel gesto del pane spezzato, alla luce del quale comprenderanno tutta la vita del Signore Gesù. Accogliendo il suo corpo, che lui ci dona, possiamo rivivere in noi la sua stessa vita. Un pane che nutrendoci ci fa giorno per giorno sempre più ciò che mangiamo, chi mangiamo.
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Corpus Domini
Tempo ordinario, Anno B
Letture: Esodo 24,3-8; Salmo 115; Ebrei 9,11-15; Marco 14,12-16.22-26
Un pezzetto di pane per ricordarci che non di solo pane vive l’uomo, un sorso di vino per stringere un patto valido per sempre: come al solito Gesù sovverte la nostra logica razionale. Nell’Ultima Cena coi suoi apostoli, invece di lasciare raccomandazioni e programmi come ognuno di noi avrebbe fatto, consegna, quasi fosse un testamento, il suo corpo da masticare e ingoiare in un semplice pezzo di pane. È vero, li aveva avvisati quando aveva detto “Io sono il pane della vita” e li aveva preparati “Se non mangiate la carne del Figlio dell’Uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda” (Giovanni 6,53-55), ma quanto davvero poteva aver capito quel manipolo di raccattati? E quando quella sera intorno a un tavolo, o forse seduti in terra, avevano accolto nelle mani quel boccone di pane le loro mani avranno tremato?
Mi torna in mente quell’episodio raccontato nel capitolo 19 del primo libro dei Re quando Elia, stanco e sentendosi in pericolo, chiede a Dio di lasciarlo morire. Si addormenta e viene svegliato per due volte dalla voce di un angelo che gli dice “Alzati e mangia”: vicino a lui trova una focaccia e un po’ di acqua. Quel pane gli servirà per mettersi in cammino e raggiungere il monte Oreb, dove incontrerà Dio, in un sussurro di vento. E ancora il mio pensiero corre a quei cinquemila che furono sfamati a partire da pochi pezzi di pane, perché anche loro potessero riprendere il cammino e tornare alle loro case. Il pane ci è necessario per vivere, per camminare, perché è energia immediatamente assimilabile che scorre nelle nostre vene, il pane placa la nostra fame.
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Don Luigi Verdi
Celebriamo oggi la solennità del Corpo e Sangue di Cristo, memoria dei gesti e delle parole di Gesù nell’ultima cena, rendimento di grazie per il dono di questo corpo dato che rimane presente in mezzo noi, cibo che dona forza al nostro cammino. Quello che noi celebriamo ogni giorno e soprattutto ogni domenica, l’eucaristia, è stata voluta da Gesù come memoriale che riassume tutto quello che è stata la sua vita data, fino alla morte, per ogni uomo: pane spezzato e consegnato come lui ha fatto della sua vita nella Passione; un vino versato per tutti come il suo sangue dalla croce è stato sparso come segno di un amore senza limiti di Dio per l’uomo. Ancora oggi la Chiesa ricorda quelle parole, rivive quei gesti consegnati dal Signore ai suoi discepoli, compiendo tutto in memoria di Lui, riannunciando la sua morte e la sua resurrezione nell’attesa del Suo ritorno.
Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: “Prendete, questo è il mio corpo”. Egli sceglie ciò che è frutto del nostro lavoro, ciò che fa parte della nostra quotidianità, quel cibo che chiediamo ogni giorno al Padre come dono, lo benedice e lo spezza. La vita raggiunta dalla benedizione di Dio può divenire dono, offerta ai fratelli, spezzandosi in quell’amore che non trattiene nulla per se. Questo gesto di spezzare il pane, questo simbolo di una vita data rimarrà nel profondo del cuore dei discepoli tanto che i discepoli di Emmaus riconosceranno il Risorto proprio in quel gesto del pane spezzato, alla luce del quale comprenderanno tutta la vita del Signore Gesù. Accogliendo il suo corpo, che lui ci dona, possiamo rivivere in noi la sua stessa vita. Un pane che nutrendoci ci fa giorno per giorno sempre più ciò che mangiamo, chi mangiamo.
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