Domenica di Pentecoste

Anno B

Letture: Atti 2,1-11; Salmo 103; Galati 5,16-25; Giovanni 15,26-27 16,12-15)

Nella prima lettura degli Atti viene detto: “Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa”. Eccolo all’improvviso, lo Spirito promesso da Gesù, Colui che consola e orienta lo sguardo, i passi, il cammino, come una stella, nel mare di notte. È lo stesso che, nella lingua ebraica, viene chiamato ruah e che si traduce con respiro, soffio, alito, vento, lo stesso che aleggiava sul caos prima della creazione, quello che animò Adamo, che riempì Maria quando l’angelo le annunciò la nascita del Figlio. Dove c’è Lui c’è vita; qualcosa di nuovo, di vivo, di impensato ha inizio. Il respiro di Dio entra nei polmoni della vita, le dà ossigeno, la smuove e, come per i contadini che festeggiavano la mietitura, la fa ballare.

“La burocrazia non soffochi mai le indiscipline dello Spirito Santo”, scrive l’Abbé Pierre: Spirito indisciplinato, quello di Dio, che non sta alle regole, ai calcoli, agli schemi, ai programmi che ci facciamo, ma che scompiglia, spettina i capelli come vento, muove e spazza via la polvere e la cenere della morte. Sempre per la vita, sempre a soffiare semi, dove vuole, quando vuole, anche nei momenti in cui tutto ci appare impossibile. Come quando i discepoli pensavano che ormai fosse tutto finito, che la morte avesse chiuso tutto, sprangato i sogni, seppellito ogni tenerezza. E invece, sempre per la vita lo Spirito creatore, quello che consola, Lui che “asciugherà ogni lacrima dai nostri occhi”.

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Don Luigi Verdi

 

L’esperienza di non capirsi è abbastanza frequente. Ci scontriamo, ci allontaniamo, entriamo in conflitto, perché non ci sentiamo capiti o perché fraintendiamo le parole dell’altro. Tutto si gioca su questa capacità di comunicare che però molto spesso non funziona. Comunicare vuol dire infatti condividere un munus che è nello stesso tempo dono, ma anche impegno, dovere, onere. Come ci hanno insegnato gli esperti del settore, la comunicazione è il risultato di un impegno comune, è una questione di cooperazione, occorre creare il terreno condiviso affinché la comunicazione possa funzionare. Per questo mi colpisce che nel testo degli Atti degli Apostoli, prima che si realizzi questa comunicazione che supera le differenze linguistiche, i discepoli stavano tutti insieme nello stesso luogo! Hanno creato le condizioni, stanno abitando uno stesso sogno, lo stesso progetto, non a caso erano un cuor solo e un’anima sola!

Se allora la comunicazione a volte non funziona, forse è perché ce ne siamo già andati, forse siamo dispersi, stiamo abitando luoghi diversi. La forza dello Spirito Santo, che è l’amore, ci viene presentata non a caso come capacità di capirsi. Parlano lingue diverse eppure si capiscono. Sono oggettivamente persone diverse, che vengono da culture, contesti, modi di pensare differenti, eppure si capiscono. Se affrontassimo le situazioni con maggiore disponibilità e misericordia, ci sarebbe certamente meno incomprensione. Ma come abbiamo detto, la comunicazione è un’esperienza di cooperazione, noi possiamo fare la nostra parte, ma non è detto che basti.

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P. Gaetano Piccolo