Letture: Genesi 9,8-15; Salmo 24 (25); Prima Pietro 3,18-22; Marco 1,12-15
Il Vangelo di questa domenica sembra condensare i nostri momenti più difficili e bui, sparge su di loro il profumo della vita, ci insegna, come sempre, a non aver paura. Gesù accarezza debolezze e fragilità, ci infonde calma e ci fa scoprire che in realtà anche il deserto è un momento sacro, pur se impastato e intriso di contraddizioni. Bestie ed angeli convivono, qualcosa ci spaventa e qualcosa ci consola, qualcuno ci accarezza mentre un altro ci ferisce. È bello che l’evangelista Marco non ci parli delle tentazioni, quelle che invece ci vengono raccontate da Matteo e Luca.
Forse a Dio non importa la forza che mettiamo nel vincere le nostre debolezze; Dio non ci vuole eroi che riescono in tutto, ma pienamente umani. Lui sa bene che ci sono bestie ed angeli che ci accompagnano e ci chiede, piuttosto, di riuscire a stare in loro compagnia senza farcene spaventare, integrarle nel nostro faticoso vivere, come l’albero che accetta l’arsura dell’estate e il gelo dell’inverno. Arreso ma fiducioso. Vorremmo che tutto fosse perfetto e scorresse placidamente senza intoppi e interruzioni, senza stridii e lacerazioni e invece questo Vangelo ci indica la strada della comprensione, del saper tutto accogliere e benedire: grano e zizzania lasciati crescere insieme, cielo e terra che coincidono.
Clicca qui per continuare a leggere questo commento su Avvenire
Don Luigi Verdi
Il tempo liturgico della Quaresima che si apre di fronte a noi si potrebbe collegare direttamente alla fine del Tempo di Natale, là dove abbiamo incontrato Gesù ricevere il battesimo da Giovanni, insieme a una folla immensa di uomini e donne che riconoscono la debolezza della propria umanità. Qui, uscendo dalle acque del Giordano, Gesù vede lo Spirito scendere su di lui, a sigillo della sua immersione nella nostra condizione umana, e sente la voce del Padre che, proprio per questo, lo riconosce suo figlio: “Tu sei il Figlio mio” (cfr. Mc 1,9-11). Infatti nel vangelo di oggi, secondo l’evangelista Marco, subito lo stesso Spirito che era sceso su di Lui nel battesimo lo sospinse nel deserto. Non c’è alcuna soluzione di continuità fra i due episodi; sono talmente collegati da non poter essere letti che l’uno come conseguenza dell’altro. Questa è la chiave per entrare nel vangelo odierno.
Tra l’altro l’evangelista Marco non si attarda a descrivere dettagliatamente l’esperienza di Gesù nel deserto, come Luca e Matteo che si soffermano a narrare la lotta di Gesù con Satana attraverso tre tentazioni, paradigmatiche di ogni insidia del Maligno. Per Marco sono sufficienti due soli versetti per presentare l’esperienza di Gesù nel deserto: qui c’è tutto quello che serve sapere per conoscere come rimanere nello spazio della prova vissuta da Gesù (“lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano”). Marco è talmente essenziale che la Liturgia sembra essere quasi “in imbarazzo” nel presentarci due soli versetti per introdurci nel “deserto della Quaresima”. Infatti aggiunge a questi l’inizio dell’esperienza pubblica di Gesù, con la prima parola che la accompagna e sintetizza.
Clicca qui per continuare a leggere questo commento sul sito del Monastero di Sant’Agata Feltria
I domenica di Quaresima
Anno B
Letture: Genesi 9,8-15; Salmo 24 (25); Prima Pietro 3,18-22; Marco 1,12-15
Il Vangelo di questa domenica sembra condensare i nostri momenti più difficili e bui, sparge su di loro il profumo della vita, ci insegna, come sempre, a non aver paura. Gesù accarezza debolezze e fragilità, ci infonde calma e ci fa scoprire che in realtà anche il deserto è un momento sacro, pur se impastato e intriso di contraddizioni. Bestie ed angeli convivono, qualcosa ci spaventa e qualcosa ci consola, qualcuno ci accarezza mentre un altro ci ferisce. È bello che l’evangelista Marco non ci parli delle tentazioni, quelle che invece ci vengono raccontate da Matteo e Luca.
Forse a Dio non importa la forza che mettiamo nel vincere le nostre debolezze; Dio non ci vuole eroi che riescono in tutto, ma pienamente umani. Lui sa bene che ci sono bestie ed angeli che ci accompagnano e ci chiede, piuttosto, di riuscire a stare in loro compagnia senza farcene spaventare, integrarle nel nostro faticoso vivere, come l’albero che accetta l’arsura dell’estate e il gelo dell’inverno. Arreso ma fiducioso. Vorremmo che tutto fosse perfetto e scorresse placidamente senza intoppi e interruzioni, senza stridii e lacerazioni e invece questo Vangelo ci indica la strada della comprensione, del saper tutto accogliere e benedire: grano e zizzania lasciati crescere insieme, cielo e terra che coincidono.
Clicca qui per continuare a leggere questo commento su Avvenire
Don Luigi Verdi
Il tempo liturgico della Quaresima che si apre di fronte a noi si potrebbe collegare direttamente alla fine del Tempo di Natale, là dove abbiamo incontrato Gesù ricevere il battesimo da Giovanni, insieme a una folla immensa di uomini e donne che riconoscono la debolezza della propria umanità. Qui, uscendo dalle acque del Giordano, Gesù vede lo Spirito scendere su di lui, a sigillo della sua immersione nella nostra condizione umana, e sente la voce del Padre che, proprio per questo, lo riconosce suo figlio: “Tu sei il Figlio mio” (cfr. Mc 1,9-11). Infatti nel vangelo di oggi, secondo l’evangelista Marco, subito lo stesso Spirito che era sceso su di Lui nel battesimo lo sospinse nel deserto. Non c’è alcuna soluzione di continuità fra i due episodi; sono talmente collegati da non poter essere letti che l’uno come conseguenza dell’altro. Questa è la chiave per entrare nel vangelo odierno.
Tra l’altro l’evangelista Marco non si attarda a descrivere dettagliatamente l’esperienza di Gesù nel deserto, come Luca e Matteo che si soffermano a narrare la lotta di Gesù con Satana attraverso tre tentazioni, paradigmatiche di ogni insidia del Maligno. Per Marco sono sufficienti due soli versetti per presentare l’esperienza di Gesù nel deserto: qui c’è tutto quello che serve sapere per conoscere come rimanere nello spazio della prova vissuta da Gesù (“lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano”). Marco è talmente essenziale che la Liturgia sembra essere quasi “in imbarazzo” nel presentarci due soli versetti per introdurci nel “deserto della Quaresima”. Infatti aggiunge a questi l’inizio dell’esperienza pubblica di Gesù, con la prima parola che la accompagna e sintetizza.
Clicca qui per continuare a leggere questo commento sul sito del Monastero di Sant’Agata Feltria