Letture: Esodo 20,1-17; Salmo 18; 1Corinzi 1,22-25;Giovanni 2,13-25
In questo brano di Vangelo, incontriamo una parola che sembra messa lì quasi per caso, una parola un po’ desueta, che rimanda ad un sapore antico, ad un ricordo lontano: la parola zelo, che sta per ardore, fervore, passione; se andiamo al significato del suo termine greco, zèsis, troviamo ebollizione, significato che si ritrova anche nel sanscrito yas-ati: riscaldarsi, bollire. Ci sono cose, e sono le migliori, che si fanno solo per passione, quella passione che ci infoca, ci fa sdegnare e lottare di fronte alle ingiustizie e ai soprusi, in cui a spingerci è un impeto dinanzi allo sciupio, o al disonore di una realtà. Sentiamo dentro una specie di furore che reclama rispetto, che grida e brucia.
Anche noi siamo capaci di zelo, non quello che imprigiona e ci ingabbia nella rigidità di un pensiero o di una ideologia, non quello sbagliato di un possesso che non ammette libertà, ma anzi quello liberante, che sa aprire le sbarre di una prigionia, che fa volare. Che dà vita alle scintille. Questa passione anima Gesù, la passione per la sua casa: per il tempio che vede ridotto a mercato e per tutto quel che al mondo c’è di sacro. Bruciava Gesù quando piangeva su Gerusalemme e quando a Nain toccava la bara del bambino morto; ardeva quando davanti ad una folla di straccioni e miserabili li chiamava beati; e si scaldava di passione dinanzi al giovane ricco o a Zaccheo.
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Don Luigi Verdi
Presente in tutti e quattro i Vangeli, il brano di Giovanni sulla cacciata dei mercanti dal Tempio si differenzia dagli altri tre sotto alcuni aspetti, l’uno dei quali è la menzione delle cordicelle che Cristo avrebbe legato per farne una frusta atta a cacciare i mercanti dal tempio, che non è presente nei vangeli sinottici. Gli esegeti hanno molto discusso sul significato di questo episodio: purificazione del Tempio da un commercio indegno della sua santità? Rifiuto del denaro e del commercio o invece rigetto della religione sacrificale degli ebrei? Il pensiero corre però subito all’uso che i secoli successivi ne avrebbero fatto, come ogni volta che ci si imbatte, riferito agli ebrei, del tema del denaro. E per capirlo, cosa di meglio delle immagini?
L’iconografia della Cacciata è ricca, a cominciare dal dipinto di Giotto nella Cappella degli Scrovegni ai fiamminghi fino ai caravaggeschi e ai tanti pittori barocchi che vi si cimentano. Spazia nello spazio oltre che nel tempo, dal mondo bizantino alla Spagna alla Germania all’Italia. In tutte, Cristo impugna la frusta, come nel Vangelo di Giovanni. Ma a differenza della borsa di Giuda, con i suoi trenta denari, che è un preciso riferimento all’usura, e rappresenta un modulo iconografico antigiudaico che ha una lunga storia, la presenza dei mercanti nel Tempio non assume questa valenza antiebraica. Segno forse che il senso della purificazione prevale, che l’idea del passaggio dal culto ebraico sacrificale a quello cristiano importa di più dell’accusa dell’usura, che pure la presenza nel Tempio dei cambiavalute avrebbe potuto evocare?
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Anna Foa
III domenica di Quaresima
Anno B
Letture: Esodo 20,1-17; Salmo 18; 1Corinzi 1,22-25;Giovanni 2,13-25
In questo brano di Vangelo, incontriamo una parola che sembra messa lì quasi per caso, una parola un po’ desueta, che rimanda ad un sapore antico, ad un ricordo lontano: la parola zelo, che sta per ardore, fervore, passione; se andiamo al significato del suo termine greco, zèsis, troviamo ebollizione, significato che si ritrova anche nel sanscrito yas-ati: riscaldarsi, bollire. Ci sono cose, e sono le migliori, che si fanno solo per passione, quella passione che ci infoca, ci fa sdegnare e lottare di fronte alle ingiustizie e ai soprusi, in cui a spingerci è un impeto dinanzi allo sciupio, o al disonore di una realtà. Sentiamo dentro una specie di furore che reclama rispetto, che grida e brucia.
Anche noi siamo capaci di zelo, non quello che imprigiona e ci ingabbia nella rigidità di un pensiero o di una ideologia, non quello sbagliato di un possesso che non ammette libertà, ma anzi quello liberante, che sa aprire le sbarre di una prigionia, che fa volare. Che dà vita alle scintille. Questa passione anima Gesù, la passione per la sua casa: per il tempio che vede ridotto a mercato e per tutto quel che al mondo c’è di sacro. Bruciava Gesù quando piangeva su Gerusalemme e quando a Nain toccava la bara del bambino morto; ardeva quando davanti ad una folla di straccioni e miserabili li chiamava beati; e si scaldava di passione dinanzi al giovane ricco o a Zaccheo.
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Don Luigi Verdi
Presente in tutti e quattro i Vangeli, il brano di Giovanni sulla cacciata dei mercanti dal Tempio si differenzia dagli altri tre sotto alcuni aspetti, l’uno dei quali è la menzione delle cordicelle che Cristo avrebbe legato per farne una frusta atta a cacciare i mercanti dal tempio, che non è presente nei vangeli sinottici. Gli esegeti hanno molto discusso sul significato di questo episodio: purificazione del Tempio da un commercio indegno della sua santità? Rifiuto del denaro e del commercio o invece rigetto della religione sacrificale degli ebrei? Il pensiero corre però subito all’uso che i secoli successivi ne avrebbero fatto, come ogni volta che ci si imbatte, riferito agli ebrei, del tema del denaro. E per capirlo, cosa di meglio delle immagini?
L’iconografia della Cacciata è ricca, a cominciare dal dipinto di Giotto nella Cappella degli Scrovegni ai fiamminghi fino ai caravaggeschi e ai tanti pittori barocchi che vi si cimentano. Spazia nello spazio oltre che nel tempo, dal mondo bizantino alla Spagna alla Germania all’Italia. In tutte, Cristo impugna la frusta, come nel Vangelo di Giovanni. Ma a differenza della borsa di Giuda, con i suoi trenta denari, che è un preciso riferimento all’usura, e rappresenta un modulo iconografico antigiudaico che ha una lunga storia, la presenza dei mercanti nel Tempio non assume questa valenza antiebraica. Segno forse che il senso della purificazione prevale, che l’idea del passaggio dal culto ebraico sacrificale a quello cristiano importa di più dell’accusa dell’usura, che pure la presenza nel Tempio dei cambiavalute avrebbe potuto evocare?
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Anna Foa