Letture: 2Cronache 36,14-16.19-23; Salmo 136; Efesini 2,4-10; Giovanni 3,14-21
Gesù disse a Nicodemo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce». Quando l’amore è tanto grande straripa, non riesce ad essere contenuto, ristretto, chiuso in confini, fossero anche i confini fatti di pelle e muscoli dell’essere umano: fuoriesce dagli occhi, dalla bocca, dalle mani, persino il cuore sembra voler balzare fuori dal petto. «Dio ha tanto amato il mondo», il mondo quindi, non solo l’uomo e la donna, ma anche la foresta, il mare, il ruscello, la montagna, la stella, il filo d’erba, il vento… E lo ama, questo mondo, a prescindere, senza alcuna condizione, senza restrizioni, come un dato di fatto, una base sicura da cui poter partire.
A noi non resta che rispondere, non resta che credere in questo amore che trabocca. Allora niente sarà perso: «Tu conti i passi del mio vagabondare, nel tuo otre raccogli le mie lacrime: tutto è scritto nel tuo libro» (Sal 56,9). È un Dio che tutto raccoglie, anche i miei passi perduti nei vicoli ciechi e nelle inutili scorciatoie, anche le lacrime di quando mi sento perso e incapace. Un Dio che silenziosamente mi segue e si china a recuperare ciò che per me è superfluo o inadeguato o vano. Perché niente e nessuno vada perduto: troppo preziose quelle lacrime, troppo importanti quei passi sbagliati. Lui sa che io non sono solo il mio errore, che in me c’è un tentativo di risposta al suo amore, un timido slancio che nasce dal sentirmi comunque e sempre amato: solo questo Lui guarda.
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Don Luigi Verdi
Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Mosè innalza un serpente per liberare i suoi dal veleno. Per salvarsi basta alzare lo sguardo, ma è gesto duro, difficile. Il veleno paralizza. La serpe esce anche dal mio seno, come reggere di essere complice del male? Inchiodato tra cielo e terra il male non è più strisciante. A testa alta, gli occhi affondati nel firmamento, a salvarci sarà credere abitato il Vento. Anche Gesù sarà innalzato, tra cielo e terra: per liberarci dal veleno di una fede totale e incrollabile nel Niente. O dal veleno di crederci innocenti. Crocifisso al Cielo, Agnello e Serpente, avvelenato dai nostri morsi, Lui sceglie la via della mansuetudine, rende innocua la giusta vendetta.
Cristo si fa peccato per disarmare il peccato. Cristo si crocifigge al velo del tempio, squarciandolo. Basta guardare la croce? Oppure occorre farsi trafiggere dalla vita? Se credere è salire sul legno chi può arrivare a tanto? Fede è aprire gli occhi sul massacro e farsi inchiodare le pupille al cuore. Il veleno è credere che la vita non sia eterna. Il veleno è non sentire che siamo già parte dell’Eterno. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Veleno è perdersi, smarrirsi. Come se fossimo solo la continuazione della fuga patetica di Adamo, del nascondimento impossibile di Eva. Siamo braccati dal mistero. Negare l’eterno è smettere di respirare. Ti sei fatto inchiodare all’uomo, forse per resistere alla tentazione di lasciarci perdere. L’amore o trafigge o non è.
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IV domenica di Quaresima
Anno B
Letture: 2Cronache 36,14-16.19-23; Salmo 136; Efesini 2,4-10; Giovanni 3,14-21
Gesù disse a Nicodemo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce». Quando l’amore è tanto grande straripa, non riesce ad essere contenuto, ristretto, chiuso in confini, fossero anche i confini fatti di pelle e muscoli dell’essere umano: fuoriesce dagli occhi, dalla bocca, dalle mani, persino il cuore sembra voler balzare fuori dal petto. «Dio ha tanto amato il mondo», il mondo quindi, non solo l’uomo e la donna, ma anche la foresta, il mare, il ruscello, la montagna, la stella, il filo d’erba, il vento… E lo ama, questo mondo, a prescindere, senza alcuna condizione, senza restrizioni, come un dato di fatto, una base sicura da cui poter partire.
A noi non resta che rispondere, non resta che credere in questo amore che trabocca. Allora niente sarà perso: «Tu conti i passi del mio vagabondare, nel tuo otre raccogli le mie lacrime: tutto è scritto nel tuo libro» (Sal 56,9). È un Dio che tutto raccoglie, anche i miei passi perduti nei vicoli ciechi e nelle inutili scorciatoie, anche le lacrime di quando mi sento perso e incapace. Un Dio che silenziosamente mi segue e si china a recuperare ciò che per me è superfluo o inadeguato o vano. Perché niente e nessuno vada perduto: troppo preziose quelle lacrime, troppo importanti quei passi sbagliati. Lui sa che io non sono solo il mio errore, che in me c’è un tentativo di risposta al suo amore, un timido slancio che nasce dal sentirmi comunque e sempre amato: solo questo Lui guarda.
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Don Luigi Verdi
Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Mosè innalza un serpente per liberare i suoi dal veleno. Per salvarsi basta alzare lo sguardo, ma è gesto duro, difficile. Il veleno paralizza. La serpe esce anche dal mio seno, come reggere di essere complice del male? Inchiodato tra cielo e terra il male non è più strisciante. A testa alta, gli occhi affondati nel firmamento, a salvarci sarà credere abitato il Vento. Anche Gesù sarà innalzato, tra cielo e terra: per liberarci dal veleno di una fede totale e incrollabile nel Niente. O dal veleno di crederci innocenti. Crocifisso al Cielo, Agnello e Serpente, avvelenato dai nostri morsi, Lui sceglie la via della mansuetudine, rende innocua la giusta vendetta.
Cristo si fa peccato per disarmare il peccato. Cristo si crocifigge al velo del tempio, squarciandolo. Basta guardare la croce? Oppure occorre farsi trafiggere dalla vita? Se credere è salire sul legno chi può arrivare a tanto? Fede è aprire gli occhi sul massacro e farsi inchiodare le pupille al cuore. Il veleno è credere che la vita non sia eterna. Il veleno è non sentire che siamo già parte dell’Eterno. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Veleno è perdersi, smarrirsi. Come se fossimo solo la continuazione della fuga patetica di Adamo, del nascondimento impossibile di Eva. Siamo braccati dal mistero. Negare l’eterno è smettere di respirare. Ti sei fatto inchiodare all’uomo, forse per resistere alla tentazione di lasciarci perdere. L’amore o trafigge o non è.
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