Santissima Trinità

Anno B

Deuteronomio 4,32-34.39-40; Salmo 32; Romani 8,14-17; Matteo 28,16-20

«Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo» lo ripetiamo spesso e forse non ne comprendiamo appieno il significato e la sua forza; lo bisbigliamo sottovoce quando entriamo in una chiesa o silenziosamente al mattino quando ci svegliamo, accompagnando le parole con un gesto che accarezza fronte, petto e spalle. Fatico a seguire questo Dio che si moltiplica, che danza trasformandosi e lascia i miei occhi che lo guardano allucinati, come a seguire bagliori nella notte, la mia notte dubbiosa. Vorrei poterTi spiegare, nel senso vero del termine, cioè aprire le Tue pieghe e guardarci dentro, appianare le onde in cui Ti nascondi: chi sei?

Sei il Dio che condusse Israele, quello di Abramo e di Mosè con le sue leggi, con il suo nome impronunciabile, Yahvè, ma che racconta di un esserci? Sei quel ragazzo che camminava infaticabile nelle vie di Palestina e con le sue parole faceva sognare gli scartati del tempo: peccatori, prostitute, vedove e lebbrosi senza speranza? O sei quel vento che scompiglia improvvisamente la polvere che si accumula, che fa parlare lingue sconosciute e comprendersi, che soffia via le paure, ci prende per mano e ci fa rialzare? Chi sei? L’uno o l’altro?

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Don Luigi Verdi

 

Oggi, domenica dopo Pentecoste, celebriamo la festa della Santissima Trinità. Una festa per contemplare e lodare il mistero di Dio, che è Uno nella comunione di tre Persone: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. In questo mondo nessuno può vedere Dio, ma Egli stesso si è fatto conoscere così che, con l’apostolo Giovanni, possiamo affermare: «Dio è amore» (cf 1Gv 4, 8.16), «noi abbiamo riconosciuto l’amore che Dio ha per noi e vi abbiamo creduto» (Enc. Deus caritas est, 1; cf 1Gv 4, 16). Chi incontra il Cristo ed entra con Lui in un rapporto di amicizia, accoglie la stessa Comunione trinitaria nella propria anima, secondo la promessa di Gesù ai discepoli: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (cf Gv 14, 23).

Le Letture bibliche di oggi ci fanno capire come Dio non voglia tanto rivelarci che Lui esiste, quanto piuttosto che è il «Dio con noi», vicino a noi, che ci ama, che cammina con noi, è interessato alla nostra storia personale e si prende cura di ognuno, a partire dai più piccoli e bisognosi. Egli, abbiamo ascoltato nella prima lettura, «è Dio lassù nei cieli» ma anche «quaggiù sulla terra». Pertanto, noi non crediamo in una entità lontana, no! In un’entità indifferente, no! Ma, al contrario, nell’Amore che ha creato l’universo e ha generato un popolo, si è fatto carne, è morto e risorto per noi, e come Spirito Santo tutto trasforma e porta a pienezza.

San Paolo, che in prima persona ha sperimentato questa trasformazione operata da Dio-Amore, ci comunica, nella seconda lettura che è stata proclamata, il suo desiderio di essere chiamato «Abbà! Padre!». Sì! Dio è nostro Padre e Gesù ci ha insegnato a chiamarlo Padre, con quella bella preghiera che lui stesso ci ha insegnato: il «Padre nostro». Noi chiamiamo Dio: Padre, con la totale confidenza di un bimbo che si abbandona nelle braccia di chi gli ha dato la vita. Lo Spirito Santo – ricorda ancora l’Apostolo – agendo in noi fa sì che Gesù Cristo non si riduca a un personaggio del passato, no, ma che lo sentiamo vicino, nostro contemporaneo, e sperimentiamo la gioia di essere figli amati da Dio. Infine, nel Vangelo, il Signore risorto promette di restare con noi per sempre: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo». E proprio grazie a questa sua presenza e alla forza del suo Spirito possiamo realizzare con serenità la missione che Egli ci affida. Qual è la missione? Annunciare e testimoniare a tutti il suo Vangelo e così dilatare la comunione con Lui e la gioia che ne deriva. Dio, camminando con noi, ci riempie di gioia e la gioia è un po’ il primo linguaggio del cristiano.

Dunque, la festa della Santissima Trinità ci fa contemplare il mistero di Dio che incessantemente crea, redime e santifica, sempre con amore e per amore, e ad ogni creatura che lo accoglie dona di riflettere un raggio della sua bellezza, bontà e verità. Egli da sempre ha scelto di camminare con l’umanità e forma un popolo che sia benedizione per tutte le nazioni e per ogni persona, nessuna esclusa. Il cristiano non è una persona isolata, appartiene ad un popolo: questo popolo che forma Dio. Non si può essere cristiano senza tale appartenenza e comunione. Noi siamo popolo: il popolo di Dio. La Vergine Maria ci aiuti a compiere con gioia la missione di testimoniare al mondo, assetato di amore, che il senso della vita è proprio l’amore infinito, l’amore concreto del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Don Lucio D’Abbraccio