Letture: Ezechiele 2,2-5; Salmo 122; 2 Corinzi 12,7-10; Marco 6,1-6
Un Dio scandalosamente umano: non basta conoscere Dio, bisogna saperlo riconoscere sempre e ancora infinite volte nella nostra vita: bisogna stropicciarsi gli occhi e buttar giù quella polvere accumulata sulle nostre pupille che ci fa vedere le persone e le cose come troppo conosciute, scontate, risapute. Finiamo per fare così anche con Dio, presumendo di aver ormai già tutto capito di Lui, rinunciando così a lasciarci sorprendere dalla sua fantasia, a farci incantare dalla sua capacità inventiva. Il brano di oggi ci parla appunto di un Dio troppo umano per considerarlo Dio: “il figlio di…, il fratello di…, quello che stava in bottega…; lo conosciamo fin troppo bene”.
Sembrano dire gli abitanti di Nazareth: “Hai qui un mestiere, una casa, una madre, fratelli e sorelle; questo è il tuo mondo, non c’è altro. Cosa vai cercando con il cuore fra le nuvole?”. Scandalo era per i concittadini di Gesù quella parola che volava alto, che usciva dai confini delle loro certezze e garanzie; scandalo era quel messaggio che li invitava ad oltrepassare le frontiere del conosciuto, che parlava loro di un amore troppo grande, quasi straniero. Scandalo è quella logica diversa che sta nel cuore di un padre che aspetta il figlio nonostante lo abbia deluso, che sta nelle mani di un samaritano che si ferma a curare un poveraccio mezzo morto, che sta nell’ansia del pastore che lascia le novantanove pecore per cercare quella che si è persa.
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Don Luigi Verdi
Dio prende da parte il suo profeta Ezechiele e gli parla duro: tu vai! Lo so che sono un popolo dal cuore duro, ma tu profetizza, ascoltino o non ascoltino. Introduzione forte e diretta al vangelo del ritorno di Gesù a Nazaret, dove si conoscono tutti. Nazaret è il nostro paese. Io sono Nazaret: ho detto qualche volta “sì” a Dio e tante volte “no” al vangelo. “Ma non è il falegname? Ma che cos’ha da mettersi a fare il maestro? E cosa ha da toccare i malati con quelle mani, che sanno solo riconoscere i nodi del legno?” E si scandalizzavano di lui. Di lui, andato a vivere come un senza fissa dimora, un vagabondo che non sa neanche mantenersi.
Gesù, rabbi senza titoli e con i calli alle mani, si è messo a raccontare Dio con parabole nuove, che sanno di casa e di terra, dove un grano di senape diventa rivelazione. Ma che cosa li scandalizza? L’umiltà di Dio. Non può essere questo il nostro Dio. Dov’è la gloria e lo splendore dell’Altissimo che tuonava sul Sinai? Questo Dio che viene a tavola con noi. Anzi di più, siede in mezzo a malati e peccatori, pubblicani e indemoniate. Lo scandalo della misericordia. E Gesù lo sa: un profeta non è disprezzato che in casa sua. Non disprezziamo mai quelli di casa! C’è il cromosoma di Dio, in tutte le nostre case. Ascoltiamoci!
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Fra Ermes Ronchi
XIV domenica
Tempo ordinario, Anno B
Letture: Ezechiele 2,2-5; Salmo 122; 2 Corinzi 12,7-10; Marco 6,1-6
Un Dio scandalosamente umano: non basta conoscere Dio, bisogna saperlo riconoscere sempre e ancora infinite volte nella nostra vita: bisogna stropicciarsi gli occhi e buttar giù quella polvere accumulata sulle nostre pupille che ci fa vedere le persone e le cose come troppo conosciute, scontate, risapute. Finiamo per fare così anche con Dio, presumendo di aver ormai già tutto capito di Lui, rinunciando così a lasciarci sorprendere dalla sua fantasia, a farci incantare dalla sua capacità inventiva. Il brano di oggi ci parla appunto di un Dio troppo umano per considerarlo Dio: “il figlio di…, il fratello di…, quello che stava in bottega…; lo conosciamo fin troppo bene”.
Sembrano dire gli abitanti di Nazareth: “Hai qui un mestiere, una casa, una madre, fratelli e sorelle; questo è il tuo mondo, non c’è altro. Cosa vai cercando con il cuore fra le nuvole?”. Scandalo era per i concittadini di Gesù quella parola che volava alto, che usciva dai confini delle loro certezze e garanzie; scandalo era quel messaggio che li invitava ad oltrepassare le frontiere del conosciuto, che parlava loro di un amore troppo grande, quasi straniero. Scandalo è quella logica diversa che sta nel cuore di un padre che aspetta il figlio nonostante lo abbia deluso, che sta nelle mani di un samaritano che si ferma a curare un poveraccio mezzo morto, che sta nell’ansia del pastore che lascia le novantanove pecore per cercare quella che si è persa.
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Don Luigi Verdi
Dio prende da parte il suo profeta Ezechiele e gli parla duro: tu vai! Lo so che sono un popolo dal cuore duro, ma tu profetizza, ascoltino o non ascoltino. Introduzione forte e diretta al vangelo del ritorno di Gesù a Nazaret, dove si conoscono tutti. Nazaret è il nostro paese. Io sono Nazaret: ho detto qualche volta “sì” a Dio e tante volte “no” al vangelo. “Ma non è il falegname? Ma che cos’ha da mettersi a fare il maestro? E cosa ha da toccare i malati con quelle mani, che sanno solo riconoscere i nodi del legno?” E si scandalizzavano di lui. Di lui, andato a vivere come un senza fissa dimora, un vagabondo che non sa neanche mantenersi.
Gesù, rabbi senza titoli e con i calli alle mani, si è messo a raccontare Dio con parabole nuove, che sanno di casa e di terra, dove un grano di senape diventa rivelazione. Ma che cosa li scandalizza? L’umiltà di Dio. Non può essere questo il nostro Dio. Dov’è la gloria e lo splendore dell’Altissimo che tuonava sul Sinai? Questo Dio che viene a tavola con noi. Anzi di più, siede in mezzo a malati e peccatori, pubblicani e indemoniate. Lo scandalo della misericordia. E Gesù lo sa: un profeta non è disprezzato che in casa sua. Non disprezziamo mai quelli di casa! C’è il cromosoma di Dio, in tutte le nostre case. Ascoltiamoci!
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Fra Ermes Ronchi