Letture: 1Re 19,4-8; Salmo 33; Efesini 4,30-5,2; Giovanni 6,41-51
Il testo della prima lettura che leggeremo, tratta dal Primo libro dei Re, può forse aiutarci a meglio capire questi versetti del Vangelo, in cui Gesù ci parla ancora di pane e vita, vita e pane indissolubilmente impastati. Elia è solo nel deserto, ed è tanto disperato da desiderare la morte, sente che forse la sua vita non ha alcun valore, gli sembra che perfino la fede nel suo Dio non valga più niente. E si addormenta esausto il nostro Elia, con il cuore buio di nubi di sconfitta, oppresso dal senso di fallimento.
Proviamo a entrare in lui, a chiudere gli occhi con lui in una delle nostre notti buie, una di quelle notti in cui tutto ci sembra irrimediabilmente perduto, in cui speriamo solo di non risvegliarci più dall’incubo della nostra vita. Il nostro ultimo pensiero, prima di dormire, è stato una specie di preghiera, un’implorazione verso un Dio che sembra svanito, lontano, assente. E una mano ci tocca la spalla, leggera come una carezza: «Troppo lungo per te il cammino, troppo dolore, troppo deserto ti asciuga l’anima. Mangia un po’, bevi un po’». Non risolve i nostri problemi Dio, non agita la bacchetta magica per dissolvere i pesanti nuvoloni che si sono addensati: Lui ci dà un po’ di pane, Lui ci dà un po’ di forza, quel tanto che basta a proseguire il cammino, passo dopo passo.
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Don Luigi Verdi
Nella parola dell’evangelo di oggi, Giovanni continua il suo discorso sul pane e il brano si apre con un’affermazione di Gesù alla quale segue una domanda. Infatti, a Gesù che dice di sé stesso: “Io sono il pane vivo disceso dal cielo” rispondono i Giudei con la loro mormorazione dicendo: “Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe?”. Coloro che da sempre conoscono Gesù sanno da chi è nato, lo hanno visto crescere fra di loro, non riescono a mettere insieme ciò che hanno visto con quello che il Signore dice di sé e nel loro cuore nasce la domanda: come è possibile?
È questa una domanda antica, che ha abitato il cuore di tutti coloro che hanno dovuto vivere la fatica di mettere insieme il progetto di Dio con il normale corso della storia e degli eventi. Davanti al Mistero dell’Incarnazione, di un Dio che decide di abitare la storia dell’uomo e di farsi Egli stesso uomo, sempre ci viene la domanda: come è possibile? Maria di Nazareth nel Nuovo Testamento è stata la prima a porsi questa domanda davanti all’angelo che le annunziava la nascita del Figlio di Dio. Progetti già stabiliti, una storia che scorre sotto i nostri occhi e che conosciamo, eventi, persone, situazioni conosciute: come è possibile che tutto diventi altro? Usando le parole del vangelo di oggi: come è possibile che il figlio di Giuseppe colui del quale conosciamo il padre e la madre sia il pane vivo disceso dal cielo?
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XIX domenica
Tempo ordinario, Anno B
Letture: 1Re 19,4-8; Salmo 33; Efesini 4,30-5,2; Giovanni 6,41-51
Il testo della prima lettura che leggeremo, tratta dal Primo libro dei Re, può forse aiutarci a meglio capire questi versetti del Vangelo, in cui Gesù ci parla ancora di pane e vita, vita e pane indissolubilmente impastati. Elia è solo nel deserto, ed è tanto disperato da desiderare la morte, sente che forse la sua vita non ha alcun valore, gli sembra che perfino la fede nel suo Dio non valga più niente. E si addormenta esausto il nostro Elia, con il cuore buio di nubi di sconfitta, oppresso dal senso di fallimento.
Proviamo a entrare in lui, a chiudere gli occhi con lui in una delle nostre notti buie, una di quelle notti in cui tutto ci sembra irrimediabilmente perduto, in cui speriamo solo di non risvegliarci più dall’incubo della nostra vita. Il nostro ultimo pensiero, prima di dormire, è stato una specie di preghiera, un’implorazione verso un Dio che sembra svanito, lontano, assente. E una mano ci tocca la spalla, leggera come una carezza: «Troppo lungo per te il cammino, troppo dolore, troppo deserto ti asciuga l’anima. Mangia un po’, bevi un po’». Non risolve i nostri problemi Dio, non agita la bacchetta magica per dissolvere i pesanti nuvoloni che si sono addensati: Lui ci dà un po’ di pane, Lui ci dà un po’ di forza, quel tanto che basta a proseguire il cammino, passo dopo passo.
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Don Luigi Verdi
Nella parola dell’evangelo di oggi, Giovanni continua il suo discorso sul pane e il brano si apre con un’affermazione di Gesù alla quale segue una domanda. Infatti, a Gesù che dice di sé stesso: “Io sono il pane vivo disceso dal cielo” rispondono i Giudei con la loro mormorazione dicendo: “Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe?”. Coloro che da sempre conoscono Gesù sanno da chi è nato, lo hanno visto crescere fra di loro, non riescono a mettere insieme ciò che hanno visto con quello che il Signore dice di sé e nel loro cuore nasce la domanda: come è possibile?
È questa una domanda antica, che ha abitato il cuore di tutti coloro che hanno dovuto vivere la fatica di mettere insieme il progetto di Dio con il normale corso della storia e degli eventi. Davanti al Mistero dell’Incarnazione, di un Dio che decide di abitare la storia dell’uomo e di farsi Egli stesso uomo, sempre ci viene la domanda: come è possibile? Maria di Nazareth nel Nuovo Testamento è stata la prima a porsi questa domanda davanti all’angelo che le annunziava la nascita del Figlio di Dio. Progetti già stabiliti, una storia che scorre sotto i nostri occhi e che conosciamo, eventi, persone, situazioni conosciute: come è possibile che tutto diventi altro? Usando le parole del vangelo di oggi: come è possibile che il figlio di Giuseppe colui del quale conosciamo il padre e la madre sia il pane vivo disceso dal cielo?
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