Letture: Geremia 23,1-6; Salmo 22; Efesini 2,13-18; Marco 6,30-34
Ed eccoli di ritorno, affannati, stanchi, coi piedi nei sandali consumati, affamati per mancanza di tempo o per porte chiuse in faccia: gli apostoli tornano da Gesù e non vedono l’ora di raccontargli le loro imprese, come bambini che tornano da scuola, come pescatori che tornano in porto, il loro porto sicuro. Chissà come brillavano gli occhi e come batteva forte il loro cuore al racconto di quel che erano riusciti a fare: me li immagino euforici, ognuno a prender la parola e ad ascoltare meravigliato le parole dell’altro, contenti di quella contentezza che sazia e riempie.
E chissà come brillavano gli occhi di Gesù nel guardare i suoi ragazzi così stupefatti, ma così stanchi, con le occhiaie per non aver dormito, impolverati e sporchi della strada percorsa. E Lui si fa nido. «Venite… riposatevi un po’». Come in un abbraccio raccoglie la sua ciurma e la porta al riparo, in disparte, cuore a cuore. « Perciò, ecco, la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore» (Os 2,16). C’è un tempo sacro, il tempo del riposo, il settimo giorno in cui anche Dio rifiata e si ferma a contemplare la bellezza, a gioire della tenerezza nascosta della vita. C’è un tempo anche per noi, quando stanchi dal troppo cammino e dalle salite ripide, abbiamo bisogno di fermarci e di lasciarci abbracciare dal suo sguardo, di riposare un po’ sul suo petto.
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Don Luigi Verdi
«Anche gli animali avevano preteso da Domineddio il diritto alla domenica. “Cosa volete?” chiese il Signore. “Per me la domenica – disse il leone – è un gran bel mangiare la preda che afferro”. Il ghiro: “Per me è un gran bel dormire”. La scimmia: “Un gran bel ballare di ramo in ramo”. Il pavone: “Un grande sfoggio della mia ruota passeggiando in su e in giù”. E il maiale: “ Rigirarmi nella pozzanghera e poi asciugarmi al sole”. Furono accontentati. Ma poche domeniche dopo si presentarono tutti col muso lungo davanti al Creatore: “Queste domeniche non ci accontentano”. “Sapete perché? – disse il Signore – Perché non avete capito che per fare domenica occorre qualcuno con cui stare insieme e parlare cuore a cuore”».
Le favole sono il sorriso della sapienza innocente. O sogni di terre senza luogo? L’ho narrata a un giovane, di quelli che a fine settimana lavora con un “contratto week-end”, part-time verticale: 20 ore settimanali concentrate al sabato e alla domenica per uno stipendio di seicento euro al mese. Ultima ed estrema formula di lavoro flessibile. La favola franò in un silenzio senza sorriso, eloquente di perplessità. Forse – pensai – non si era sentito troppo onorato nel trovarsi classificato tra scimmie e maiali. O forse sognava un’improbabile domenica, una distesa sconfinata di tempo per un riposo sabbatico tra gente riunita a danzare la vita, a celebrare silenzi e memoriali di Dio, futuri cieli e terre nuove. Entrai in quegli occhi. Gli stessi dell’amico medico in turno di guardia dal sabato sera al lunedì mattina; stessi occhi delle lavoratrici con famiglia, casalinghe della domenica per condanna o per amore; stessi occhi dell’assonnato doppio-lavorista che incontro al bar mentre vado all’assemblea del Giorno del Signore. In quegli occhi la domenica fa problema.
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Don Augusto Fontana
XVI domenica
Tempo ordinario, Anno B
Letture: Geremia 23,1-6; Salmo 22; Efesini 2,13-18; Marco 6,30-34
Ed eccoli di ritorno, affannati, stanchi, coi piedi nei sandali consumati, affamati per mancanza di tempo o per porte chiuse in faccia: gli apostoli tornano da Gesù e non vedono l’ora di raccontargli le loro imprese, come bambini che tornano da scuola, come pescatori che tornano in porto, il loro porto sicuro. Chissà come brillavano gli occhi e come batteva forte il loro cuore al racconto di quel che erano riusciti a fare: me li immagino euforici, ognuno a prender la parola e ad ascoltare meravigliato le parole dell’altro, contenti di quella contentezza che sazia e riempie.
E chissà come brillavano gli occhi di Gesù nel guardare i suoi ragazzi così stupefatti, ma così stanchi, con le occhiaie per non aver dormito, impolverati e sporchi della strada percorsa. E Lui si fa nido. «Venite… riposatevi un po’». Come in un abbraccio raccoglie la sua ciurma e la porta al riparo, in disparte, cuore a cuore. « Perciò, ecco, la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore» (Os 2,16). C’è un tempo sacro, il tempo del riposo, il settimo giorno in cui anche Dio rifiata e si ferma a contemplare la bellezza, a gioire della tenerezza nascosta della vita. C’è un tempo anche per noi, quando stanchi dal troppo cammino e dalle salite ripide, abbiamo bisogno di fermarci e di lasciarci abbracciare dal suo sguardo, di riposare un po’ sul suo petto.
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Don Luigi Verdi
«Anche gli animali avevano preteso da Domineddio il diritto alla domenica. “Cosa volete?” chiese il Signore. “Per me la domenica – disse il leone – è un gran bel mangiare la preda che afferro”. Il ghiro: “Per me è un gran bel dormire”. La scimmia: “Un gran bel ballare di ramo in ramo”. Il pavone: “Un grande sfoggio della mia ruota passeggiando in su e in giù”. E il maiale: “ Rigirarmi nella pozzanghera e poi asciugarmi al sole”. Furono accontentati. Ma poche domeniche dopo si presentarono tutti col muso lungo davanti al Creatore: “Queste domeniche non ci accontentano”. “Sapete perché? – disse il Signore – Perché non avete capito che per fare domenica occorre qualcuno con cui stare insieme e parlare cuore a cuore”».
Le favole sono il sorriso della sapienza innocente. O sogni di terre senza luogo? L’ho narrata a un giovane, di quelli che a fine settimana lavora con un “contratto week-end”, part-time verticale: 20 ore settimanali concentrate al sabato e alla domenica per uno stipendio di seicento euro al mese. Ultima ed estrema formula di lavoro flessibile. La favola franò in un silenzio senza sorriso, eloquente di perplessità. Forse – pensai – non si era sentito troppo onorato nel trovarsi classificato tra scimmie e maiali. O forse sognava un’improbabile domenica, una distesa sconfinata di tempo per un riposo sabbatico tra gente riunita a danzare la vita, a celebrare silenzi e memoriali di Dio, futuri cieli e terre nuove. Entrai in quegli occhi. Gli stessi dell’amico medico in turno di guardia dal sabato sera al lunedì mattina; stessi occhi delle lavoratrici con famiglia, casalinghe della domenica per condanna o per amore; stessi occhi dell’assonnato doppio-lavorista che incontro al bar mentre vado all’assemblea del Giorno del Signore. In quegli occhi la domenica fa problema.
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Don Augusto Fontana