Letture: Isaia 50,5-9; Salmo 114; Giacomo 2,14-18; Mc 8,27-35
Grazie Pietro, povero pescatore ruvido e ignorante, grazie perché sei tutti noi, spezzato e dilaniato tra cielo e terra, colmo come un vaso di contraddizioni e incertezze, dubbi e sicurezze. Era così diverso quel Maestro che Pietro e gli altri seguivano, così dolci le sue parole che si poteva stare ore ad ascoltarlo con gli occhi lucidi e con il cuore a battere forte: parole che consolavano, che perdonavano tutto, cha parlavano di un Padre buono che aspetta giorno e notte sul balcone il figlio scavezzacollo.
Stare con Lui era incantarsi a vederlo guarire dentro e fuori gli ammalati, a sorprendere tutti con i suoi sguardi che leggevano fin dentro all’anima, nelle sue fibre più nascoste. Facile allora, per Pietro, riconoscere in Gesù il Cristo, chi altri poteva essere se non il Messia che tutti aspettavano, il Messia che avrebbe salvato Israele? Certo, qualcuno se lo aspettava potente e combattivo, ma erano così forti le sue parole, aprivano scenari così imprevisti, spezzavano macigni e confini; sì, senza dubbio, Lui era il Cristo.
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Don Luigi Verdi
Ricordo che un giorno avevo convocato un gruppo di giovani e adulti per una giornata di riflessione. L’appuntamento era in una casa parrocchiale abbandonata in uno spopolato paese di montagna. Quando girai la chiave nella toppa, seguito da vocianti e spensierati amici, fui investito da uno squallido abbandono. Faceva freddo, fuori e dentro. Capii subito che l’accoglienza ce la saremmo dovuta guadagnare con un efficiente lavoro casalingo di squadra. Ma ciò che mi colpì fu una croce astile, piantata in un piedistallo ligneo lì nell’ingresso. La compagnia dei buontemponi entrò con tutta la dotazione di cappotti e cappelli che finirono appesi su quella croce. Una croce ridotta ad appendiabiti. Anche Pietro, a mio nome, ha voluto fare di Gesù l’attaccapanni delle sue buone opinioni borghesi guadagnandosi un esorcismo «Torna dietro a me, Satana!». Già! Quale paradossale attributo confiderò domenica al Signore, senza mettere a repentaglio la mia ortodossia e senza compromettere troppo le mie ovvietà religiose ed esistenziali?
«Padre, conforto dei poveri e dei sofferenti, non abbandonarci nella nostra miseria: il tuo Spirito santo ci aiuti a credere con il cuore e a confessare con le opere che Gesù è il Cristo, per vivere secondo la sua parola e il suo esempio, certi di salvare la nostra vita solo quando avremo il coraggio di perderla». Con questa preghiera la liturgia inaugurerà una nuova settimana lasciandosi dietro, o portandosi dentro, giorni da cardiopalmo. Storie di umana ovvietà, accanto a tutte le altre silenziose ovvietà di tenerezza e onestà che si consumano nelle case, nei luoghi di lavoro e del disagio. Non potrò prescindere da questi ciottoli di strada quando domenica sarò anch’io chiamato, per l’ennesima volta, a sostenere la misteriosa curiosità del Signore.
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Don Augusto Fontana
XXIV domenica
Tempo ordinario, Anno B
Letture: Isaia 50,5-9; Salmo 114; Giacomo 2,14-18; Mc 8,27-35
Grazie Pietro, povero pescatore ruvido e ignorante, grazie perché sei tutti noi, spezzato e dilaniato tra cielo e terra, colmo come un vaso di contraddizioni e incertezze, dubbi e sicurezze. Era così diverso quel Maestro che Pietro e gli altri seguivano, così dolci le sue parole che si poteva stare ore ad ascoltarlo con gli occhi lucidi e con il cuore a battere forte: parole che consolavano, che perdonavano tutto, cha parlavano di un Padre buono che aspetta giorno e notte sul balcone il figlio scavezzacollo.
Stare con Lui era incantarsi a vederlo guarire dentro e fuori gli ammalati, a sorprendere tutti con i suoi sguardi che leggevano fin dentro all’anima, nelle sue fibre più nascoste. Facile allora, per Pietro, riconoscere in Gesù il Cristo, chi altri poteva essere se non il Messia che tutti aspettavano, il Messia che avrebbe salvato Israele? Certo, qualcuno se lo aspettava potente e combattivo, ma erano così forti le sue parole, aprivano scenari così imprevisti, spezzavano macigni e confini; sì, senza dubbio, Lui era il Cristo.
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Don Luigi Verdi
Ricordo che un giorno avevo convocato un gruppo di giovani e adulti per una giornata di riflessione. L’appuntamento era in una casa parrocchiale abbandonata in uno spopolato paese di montagna. Quando girai la chiave nella toppa, seguito da vocianti e spensierati amici, fui investito da uno squallido abbandono. Faceva freddo, fuori e dentro. Capii subito che l’accoglienza ce la saremmo dovuta guadagnare con un efficiente lavoro casalingo di squadra. Ma ciò che mi colpì fu una croce astile, piantata in un piedistallo ligneo lì nell’ingresso. La compagnia dei buontemponi entrò con tutta la dotazione di cappotti e cappelli che finirono appesi su quella croce. Una croce ridotta ad appendiabiti. Anche Pietro, a mio nome, ha voluto fare di Gesù l’attaccapanni delle sue buone opinioni borghesi guadagnandosi un esorcismo «Torna dietro a me, Satana!». Già! Quale paradossale attributo confiderò domenica al Signore, senza mettere a repentaglio la mia ortodossia e senza compromettere troppo le mie ovvietà religiose ed esistenziali?
«Padre, conforto dei poveri e dei sofferenti, non abbandonarci nella nostra miseria: il tuo Spirito santo ci aiuti a credere con il cuore e a confessare con le opere che Gesù è il Cristo, per vivere secondo la sua parola e il suo esempio, certi di salvare la nostra vita solo quando avremo il coraggio di perderla». Con questa preghiera la liturgia inaugurerà una nuova settimana lasciandosi dietro, o portandosi dentro, giorni da cardiopalmo. Storie di umana ovvietà, accanto a tutte le altre silenziose ovvietà di tenerezza e onestà che si consumano nelle case, nei luoghi di lavoro e del disagio. Non potrò prescindere da questi ciottoli di strada quando domenica sarò anch’io chiamato, per l’ennesima volta, a sostenere la misteriosa curiosità del Signore.
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Don Augusto Fontana