XXVI domenica

Tempo ordinario, Anno B

Letture: Numeri 11,25-29; Salmo 18; Lettera di san Giacomo 5,1-6; Marco 9,38-43.45.47-48

Un bicchiere d’acqua, basta quello: un semplice bicchiere d’acqua per decretare da che parte stiamo. Mentre noi abbiamo bisogno di etichette, di recinti, di confini entro i quali sostare e sentirci parte di un gregge o accomodarci sicuri nelle mura tranquille di ciò che abbiamo deciso essere la nostra casa, che si chiami Chiesa, partito, ideologia o schieramento, Gesù scardina come sempre ogni certezza e rompe tutti i chiavistelli che avevamo messo sulle porte.

Ci provano in tutti i modi gli Apostoli a ingabbiarlo nelle meschine logiche di possesso, nelle stupide gerarchie di valori: troppo libero è Dio, sa troppo di vento il suo Spirito perché possa fermarsi davanti alle porte che sbattiamo in faccia a chi pensiamo che non sia dei nostri, a chi non fa parte del nostro gruppo con la sua bella etichetta o logo o imprimatur che dir si voglia. Sa di vento Dio, di vento che non si può fermare, che soffia dove vuole e non sai da dove viene e dove va.

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Don Luigi Verdi

 

Come gli animali, anche gli esseri umani tendono a segnare i confini. Questo istinto, che ci porta a difendere quello che è nostro, può assumere forme più razionali, per esempio attraverso la nascita delle istituzioni, oppure può conservare un’aggressività primitiva e animalesca, portandoci a usare mezzi violenti per affermare il nostro dominio su un territorio, su una relazione, persino su una persona. Molti conflitti sono la conseguenza di questa ossessione per la chiarezza dei confini: anche la gelosia, come ci ricorda in questa domenica il testo del libro dei Numeri, nasce infatti da questa volontà di controllo e di possesso. Se un altro fa qualcosa di buono getta ombra su di me che non ne sono capace e quindi va eliminato.

Il principio è molto chiaro: meglio che non lo faccia nessuno, anche se è una cosa buona, piuttosto che lo faccia l’altro. Dobbiamo purtroppo ammettere che, persino nella nostra realtà ecclesiale, questa dinamica è molto frequente. Sicuramente riconoscere i confini di un territorio, di un gruppo, di un’istituzione, aiuta a crescere nell’identità. Il problema inizia nel momento in cui facciamo dipendere strettamente l’identità dai confini. Se andiamo in crisi quando le cose non sono rigorosamente chiare, vuol dire che qualcosa non funziona. La rigidità è sempre patologica, sia che si tratti di una persona sia che si tratti di un’istituzione. Potrebbe essere questo un modo per intendere l’insegnamento che Gesù vuole trasmettere ai suoi discepoli in questo testo del Vangelo di Marco.

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P. Gaetano Piccolo