Letture: Atti 10,34.37-43; Salmo 117; Colossesi 3,1-4;Giovanni 20,1-9
Che strana notte, che notte magica deve essere stata: notte come quella della prima creazione, quando apparve il primo timido raggio di sole e la luce irruppe poi nel cielo.
Notte come quella vissuta dagli Israeliti in fuga dal faraone tiranno, che videro il mare squarciarsi in due e il fondo del mare diventare la passerella verso la
salvezza. Notte come quella dei pastori che, sdraiati sull’erba umida, ascoltarono un messaggio inaudito: «Vi è nato un Bambino…».
La notte, forse, ci è amica.
E Maria si avvia che è ancora buio là, al sepolcro, con nel cuore l’angoscia di aver perso per sempre colui che ama. Tra un po’ sarà l’alba: ora c’è ancora la rugiada sui fili d’erba, ora il sole ancora sembra nascosto. Oppressa dal dolore, con gli occhi bagnati dalle lacrime e dalla stanchezza per aver preparato tutta la notte i profumi, Maria sussulta nel vedere la pietra rotolata: hanno portato via il Suo corpo, ora non avrà più neanche una tomba su cui piangere…
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Don Luigi Verdi
Il grande pericolo è che la Pasqua rimanga un evento che abbia valore solo per Cristo, ma non per noi. Perché diventi Pasqua anche per noi, bisogna anzitutto che lo Spirito Santo ci aiuti a scrivere nei nostri cuori la parola “davvero”. Potessimo dire anche noi: «Cristo è veramente risorto!». Veramente, per davvero, non apparentemente, non simbolicamente.
Per molti cristiani, probabilmente, la Risurrezione è semplicemente un modo di dire. Perché la Risurrezione diventi una fede viva e vitale bisogna che essa entri nella nostra esistenza lasciandovi tracce o frammenti di un’esperienza radicalmente nuova. Se Cristo è risorto, se nulla ci può separare da lui, dovremmo sentirci meno esposti alle paure e ai ricatti della morte, come il grande teologo Dietrich Bonhoeffer, che poco prima di essere giustiziato in un lager nazista scrisse: «È la fine – per me l’inizio – della vita. Libertà, ti cercammo a lungo, nella disciplina, nell’azione, nel dolore. Morendo, ora ti conosciamo nel volto di Dio». Dopo la Risurrezione di Gesù, dovremmo sapere che c’è un modo di vivere che non conduce alla morte.
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don Gianni Carozza
Domenica di Pasqua
Anno C
Letture: Atti 10,34.37-43; Salmo 117; Colossesi 3,1-4;Giovanni 20,1-9
Che strana notte, che notte magica deve essere stata: notte come quella della prima creazione, quando apparve il primo timido raggio di sole e la luce irruppe poi nel cielo.
Notte come quella vissuta dagli Israeliti in fuga dal faraone tiranno, che videro il mare squarciarsi in due e il fondo del mare diventare la passerella verso la
salvezza. Notte come quella dei pastori che, sdraiati sull’erba umida, ascoltarono un messaggio inaudito: «Vi è nato un Bambino…».
La notte, forse, ci è amica.
E Maria si avvia che è ancora buio là, al sepolcro, con nel cuore l’angoscia di aver perso per sempre colui che ama. Tra un po’ sarà l’alba: ora c’è ancora la rugiada sui fili d’erba, ora il sole ancora sembra nascosto. Oppressa dal dolore, con gli occhi bagnati dalle lacrime e dalla stanchezza per aver preparato tutta la notte i profumi, Maria sussulta nel vedere la pietra rotolata: hanno portato via il Suo corpo, ora non avrà più neanche una tomba su cui piangere…
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Don Luigi Verdi
Il grande pericolo è che la Pasqua rimanga un evento che abbia valore solo per Cristo, ma non per noi. Perché diventi Pasqua anche per noi, bisogna anzitutto che lo Spirito Santo ci aiuti a scrivere nei nostri cuori la parola “davvero”. Potessimo dire anche noi: «Cristo è veramente risorto!». Veramente, per davvero, non apparentemente, non simbolicamente.
Per molti cristiani, probabilmente, la Risurrezione è semplicemente un modo di dire. Perché la Risurrezione diventi una fede viva e vitale bisogna che essa entri nella nostra esistenza lasciandovi tracce o frammenti di un’esperienza radicalmente nuova. Se Cristo è risorto, se nulla ci può separare da lui, dovremmo sentirci meno esposti alle paure e ai ricatti della morte, come il grande teologo Dietrich Bonhoeffer, che poco prima di essere giustiziato in un lager nazista scrisse: «È la fine – per me l’inizio – della vita. Libertà, ti cercammo a lungo, nella disciplina, nell’azione, nel dolore. Morendo, ora ti conosciamo nel volto di Dio». Dopo la Risurrezione di Gesù, dovremmo sapere che c’è un modo di vivere che non conduce alla morte.
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don Gianni Carozza