Letture: Geremia 33,14-16; Salmo 24; 1 Tessalonicesi 3,12-4,2; Luca 21,25-28.34-36
Ad-ventum, sta per venire: ma cosa, chi? Le corse nelle strade illuminate da psichedeliche luci, i morsi al panettone, la recita della famigliola felice seduta attorno al tavolo a scambiarsi doni, scenette idilliache tra neve e camini accesi da una felicità fittizia… Ad-ventum, sta per venire: cosa? La fine del mondo tra guerre ed epidemie sconosciute, il perdersi dell’umano nelle difesa dei propri confini, dell’ingordigia di territorio, della fame di potere, di distruzione cieca e ostinata della terra e del cielo…
Capita a proposito questo brano di Luca, meglio di così non si poteva scegliere, non potevamo leggere parole più adatte in questo inizio di Avvento, che è inizio di attesa. E non per avere ancora più paura, non per incuterci terrore e spingerci a cospargere il capo di cenere, ma per alimentare la nostra speranza, per accenderci un fuoco dentro. “Alzati, guarda!” A Dio non piacciono i fifoni e non fa mai ricorso alla paura e allo spavento per farci innamorare di Lui: «Non abbiate paura», ha detto in mezzo alle tempeste, «non temete», ha ripetuto incessantemente ai suoi.
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Don Luigi Verdi
Le letture bibliche della prima domenica di Avvento del nuovo anno liturgico che ora inizia sono attraversate dalla prospettiva escatologica. Il loro contenuto di fondo è un richiamo alla vigilanza, ma il loro messaggio globale è anche memoria dell’essenzialità della vita teologale cristiana. Geremia (33,14-16) sottolinea la dimensione della fede, fede nella promessa divina, nella “parola di bene” (hadavar hatov; verbum bonum: CEI traduce “promesse di bene”) che il Signore realizzerà. Il brano di Paolo (1Ts 3,12-4,2) ha al suo cuore la carità, che l’apostolo chiede che cresca e sovrabbondi tra i cristiani di Tessalonica perché questa è la pratica di umanità che rende una vita gradita a Dio. Il vangelo (Lc 21,25-28.34-36) chiede speranza, speranza anche di fronte a eventi calamitosi e che il credente, se vigilante, sa vedere nella loro relatività e scorgere, dietro ad essi, il Signore che viene e portando liberazione. Dunque, fede, speranza e carità. Ma il tutto è reso possibile da una pratica di vigilanza senza la quale non esiste alcuna qualità umana e spirituale salda.
La dinamica spirituale che sottostà al testo profetico emerge se lo leggiamo in rapporto alla profezia di Ger 23,5-6 di cui il nostro testo costituirebbe una rilettura tardiva. Il passo di Ger 23 annuncia l’avvento di un re giusto, probabilmente salutando l’accesso al trono di Giuda di Sedecia, il cui nome in ebraico significa “il Signore è la mia giustizia”. Dopo aver condannato nel capitolo precedente (Ger 22) gli ultimi sovrani di Giuda, Geremia pone le speranze in Sedecia. Ma ben presto, come quasi sempre succede nelle storie di accesso al trono di un nuovo re, il successore si mostra infedele e delude le attese riposte in lui. A distanza di molti anni, anzi, forse anche di un secolo o due, in ogni caso quando la monarchia in Giuda è ormai estinta, ecco che un anonimo profeta riprende la profezia di Geremia e la ridice in un contesto nuovo.
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Fr. Luciano Manicardi
I domenica di Avvento
Anno C
Letture: Geremia 33,14-16; Salmo 24; 1 Tessalonicesi 3,12-4,2; Luca 21,25-28.34-36
Ad-ventum, sta per venire: ma cosa, chi? Le corse nelle strade illuminate da psichedeliche luci, i morsi al panettone, la recita della famigliola felice seduta attorno al tavolo a scambiarsi doni, scenette idilliache tra neve e camini accesi da una felicità fittizia… Ad-ventum, sta per venire: cosa? La fine del mondo tra guerre ed epidemie sconosciute, il perdersi dell’umano nelle difesa dei propri confini, dell’ingordigia di territorio, della fame di potere, di distruzione cieca e ostinata della terra e del cielo…
Capita a proposito questo brano di Luca, meglio di così non si poteva scegliere, non potevamo leggere parole più adatte in questo inizio di Avvento, che è inizio di attesa. E non per avere ancora più paura, non per incuterci terrore e spingerci a cospargere il capo di cenere, ma per alimentare la nostra speranza, per accenderci un fuoco dentro. “Alzati, guarda!” A Dio non piacciono i fifoni e non fa mai ricorso alla paura e allo spavento per farci innamorare di Lui: «Non abbiate paura», ha detto in mezzo alle tempeste, «non temete», ha ripetuto incessantemente ai suoi.
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Don Luigi Verdi
Le letture bibliche della prima domenica di Avvento del nuovo anno liturgico che ora inizia sono attraversate dalla prospettiva escatologica. Il loro contenuto di fondo è un richiamo alla vigilanza, ma il loro messaggio globale è anche memoria dell’essenzialità della vita teologale cristiana. Geremia (33,14-16) sottolinea la dimensione della fede, fede nella promessa divina, nella “parola di bene” (hadavar hatov; verbum bonum: CEI traduce “promesse di bene”) che il Signore realizzerà. Il brano di Paolo (1Ts 3,12-4,2) ha al suo cuore la carità, che l’apostolo chiede che cresca e sovrabbondi tra i cristiani di Tessalonica perché questa è la pratica di umanità che rende una vita gradita a Dio. Il vangelo (Lc 21,25-28.34-36) chiede speranza, speranza anche di fronte a eventi calamitosi e che il credente, se vigilante, sa vedere nella loro relatività e scorgere, dietro ad essi, il Signore che viene e portando liberazione. Dunque, fede, speranza e carità. Ma il tutto è reso possibile da una pratica di vigilanza senza la quale non esiste alcuna qualità umana e spirituale salda.
La dinamica spirituale che sottostà al testo profetico emerge se lo leggiamo in rapporto alla profezia di Ger 23,5-6 di cui il nostro testo costituirebbe una rilettura tardiva. Il passo di Ger 23 annuncia l’avvento di un re giusto, probabilmente salutando l’accesso al trono di Giuda di Sedecia, il cui nome in ebraico significa “il Signore è la mia giustizia”. Dopo aver condannato nel capitolo precedente (Ger 22) gli ultimi sovrani di Giuda, Geremia pone le speranze in Sedecia. Ma ben presto, come quasi sempre succede nelle storie di accesso al trono di un nuovo re, il successore si mostra infedele e delude le attese riposte in lui. A distanza di molti anni, anzi, forse anche di un secolo o due, in ogni caso quando la monarchia in Giuda è ormai estinta, ecco che un anonimo profeta riprende la profezia di Geremia e la ridice in un contesto nuovo.
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Fr. Luciano Manicardi