III domenica di Pasqua

Anno C

Letture: Atti degli Apostoli 5,27b-32.40b-41; Salmo 29; Apocalisse 5,11-14; Giovanni 21,1-19

Un’alba sul lago di Galilea. Quante albe nei racconti pasquali! Ma tutta «la nostra vita è un albeggiare continuo» (Maria Zambrano), un progressivo sorgere della luce. Pietro e gli altri sei compagni si sono arresi, sono tornati indietro, alla vita di prima. Chiusa la parentesi di quei tre anni di strade, di vento, di sole, di parole come pane e come luce, di itineranza libera e felice, conclusa nel modo più drammatico. E i sette, ammainata la bandiera dei sogni, sono tornati alla legge del quotidiano. «Ma in quella notte non presero nulla». Notte senza stelle, notte amara, in cui in ogni riflesso d’onda pare loro di veder naufragare un sogno, un volto, una vita.

In quell’albeggiare sul lago il miracolo non sta nel ripetersi di un’altra pesca straordinaria, sta in Pietro che si butta in acqua vestito, che nuota più forte che può, nell’ansia di un abbraccio, con il cuore che punta diritto verso quel piccolo fuoco sulla riva. Dove Gesù, come una madre, ha preparato una grigliata di pesce per i suoi amici. Poteva sedersi, aspettare il loro arrivo, starsene ad osservare, arrivare dopo, invece no, non trattiene la cura, non frena le attenzioni per loro: fuoco, braci, pesce, il tempo, le mani, il cibo. Si preoccupa di accoglierli bene, stanchi come sono, con qualcosa di buono. Gli incontri pasquali sono veri, è davvero Gesù, perché quelli che compie sono solo gesti d’amico! Sulla spiaggia, attorno a pane e pesce alla griglia, il più bel dialogo del mondo. Tre brevissime, fulminanti domande, rivolte a un pescatore bagnato come un pulcino, e l’alba è fredda; a Pietro che trema vicino alle braci di un fuocherello, trema per il freddo e per la domanda bruciante: Simone di Giovanni, mi ami più di tutti?

Gesù non si interessa di aspetti dottrinali (hai capito il mio messaggio? ti è chiara la croce?), per lui ciò che brucia sono i legami interpersonali. Vuol sapere se dietro di sé ha lasciato amore, solo allora può tornare dal Padre. Teresa d’Avila, in un’estasi, sente: «Per un “ti amo” detto da te, Teresa, rifarei da capo l’universo». «Simone, mi ami?». Gesù vuol rifare Pietro da capo, lui non si interessa di rimorsi, di sensi di colpa, di pentimenti, ma di cuori riaccesi di nuovo. E Gesù abbassa le sue richieste e si adegua alla fragilità di Pietro, contento di quel piccolo: «ti sono amico», di quella briciola di «ti voglio bene». Non vuole imporsi, Gesù, vuole vedere il mondo con gli occhi di Pietro, vederlo con il cuore del debole, con gli occhi del povero, da incarnato, o non cambierà mai niente. Non dall’alto di un trono, ma all’altezza della canzone che cantano gli occhi dell’apostolo stanco. E ogni cuore umano è stanco.

P. Ermes Ronchi
Avvenire

 

«Dopo questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade» (Gv 21,1). Gesù, il Risorto si trova sulla spiaggia e chiama i discepoli che erano a pescare e qui per la seconda volta avviene il prodigio della pesca miracolosa: «”Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete”. La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci» (Gv 21,3-6). Quanto avviene qui sul lago, riporta la mente e il cuore dei discepoli e di noi tutti, all’inizio di quella chiamata che ha cambiato la vita: «quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: “Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca”. Simone rispose: “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti”. Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano.Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare» (Lc 5,4-7).

Tutto inizia e termina nel lago di Tiberiade; dalla morte di Gesù i discepoli si sentono perduti e ritornano a pescare, ma davanti alla parola di quello strano sconosciuto che vede il loro fallimento, gettano le loro reti. Anche al primo incontro che Pietro e i discepoli fanno con Gesù sentono risuonare queste parole che indicano una via e Pietro anche lì crede a quelle parole, si fida: “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua Parola getterò le reti” (Lc 5,5). Dalla loro sterilità i discepoli scoprono l’abbondanza. Gesù Risorto, dalla spiaggia guarda con un occhio di amore e di misericordia. Dalla barca il discepolo amato grida: “È il Signore” (Gv21,7) e nel sentire questo, questa volta Pietro si getta in mare e non esita a rispondere a quello sguardo di amore di Gesù.

Pochi giorni prima Pietro aveva rincontrato quello sguardo amante che l’aveva cercato nel suo rinnegamento: “Allora il Signore voltandosi guardò Pietro”(Lc 22,61) e Pietro rispose con le sue lacrime. Qui Pietro ricomincia a credere: il Risorto non è venuto per giudicare, ma per attirare con il suo amore questi uomini rimasti soli, per far passare da morte a vita la sua comunità. Una volta che le barche arrivarono a terra rivivono un’altra esperienza quella dell’ultima cena: “Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti” (Gv 21,9-14). Durante questo gesto c’è un grande silenzio, c’è solo la contemplazione di quel volto che ancora una volta parla di una vita data per loro, che ha cura dei suoi. Qui termina la prima parte di questo brano evangelico per poi continuare con il dialogo tra Gesù e Pietro.

Per due volte Gesù chiede a Pietro: “Mi ami tu?” e per due volte Pietro risponde: “Certo Signore, tu sai che ti voglio bene”, ma alla terza volta Gesù non gli chiede più se lo ama, ma si mette pari a Pietro e gli chiede: “Simone figlio di Giovanni mi vuoi bene?” (Gv 21, 17) e Pietro qui si abbandona totalmente a Lui: “Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene” (Gv 21, 17). Pietro riconosce tutta la sua debolezza e anche il desiderio di un SÌ pieno, ora disposto a seguire il Maestro che è diventato il suo Signore. A queste tre domande che Gesù pone e alla risposta di Pietro, Gesù continua dicendogli: “Pasci i miei agnelli” (Gv21,15). Colui che ha conosciuto nella sua vita il travaglio della passione e della rinascita a vita nuova nell’amore, può ora condurre i fratelli all’incontro con questo amore che salva. Custodia e testimonianza che arrivano fino al dono della vita ad immagine del Buon Pastore: “Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore” (Gv 10,11). Ora questo viene chiesto a Pietro.

Il passato di Pietro è stato perdonato. Con la risurrezione inizia un nuovo cammino segnato dal passaggio dalla morte alla vita ed è proprio per questo che Gesù sceglie Pietro perché con la sua debolezza ha sperimentato la misericordia che è l’Amore più grande. Gesù alla fine rivela a Pietro che dovrà donare tutta la sua vita lasciandosi guidare da Lui fino alla fine: “In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi” (Gv 21,18). Alla fine di tutto il cammino di Pietro ritorna a quella Parola che ha fatto di lui un pescatore di uomini: “Seguimi”. Sulle labbra del Risorto è una nuova chiamata per una nuova vita, che ricomincia dalla riva dello stesso lago che lo aveva visto iniziare il suo cammino di sequela dietro di Lui, ma che è ora carico della storia vissuta insieme.

Monastero di Sant’Agata Feltria