Letture: Giosuè 5, 9-12; Salmo 33; 2 Corinzi 5,17-21; Luca 15,1-3.11-32
Ci sono storie che si ripetono, storie di famiglie che rappresentano un po’ ogni famiglia, storie di porte sbattute, di silenzi pesanti, a volte di grida di insofferenza, di mormorii tra fratelli e sorelle, di dolori trattenuti. Oggi Gesù ce ne racconta una per dirci di un padre, quello sì, un po’ particolare. Istintivamente mi immedesimo nel figlio minore, quel ragazzo spavaldo, forse superbo, che con fare sprezzante si rivolge al padre chiedendogli la sua parte di eredità e che va via sbattendo la porta di casa.
Petto gonfio, a passi decisi, mi avvio verso la libertà. Forse tiro pure un sospiro di sollievo. Mi sento un sogno in volo: cosa cerco? Cosa mi aspetto? Feste, risate, avventure e piaceri infiniti, «sogni di gloria» insomma. Nulla può fermarmi, sono padrone del mondo, finalmente. Non penso a mio padre, che senza fiatare mi ha guardato allontanare: cosa avrà provato sentendo i miei passi lontani? Il suo cuore di quanto si sarà gonfiato? Non voglio pensarci, oggi ci sono solo io e voglio godermela. E Lui aspetta, quel Padre che non smette mai di essere padre, aspetta sperando, sempre sul terrazzo di casa, caso mai torni.
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Don Luigi Verdi
La liturgia della IV domenica di Quaresima, detta Laetare, in questo ciclo liturgico dell’anno C, ci fa sostare sul capolavoro letterario dell’evangelista Luca, ovvero la notissima storia del padre misericordioso (conosciuta da tutti come la parabola del figliol prodigo) e scopriremo, leggendo attentamente, che al centro del racconto, c’è proprio la figura del padre che usa misericordia verso entrambi i suoi figli. Siamo sempre nel contesto del grande viaggio di Gesù verso Gerusalemme; anzi il nostro capitolo si colloca al centro di questo cammino, nel cuore del Vangelo di Luca e inizia così: “In quello stesso momento” e questo è ciò lo lega a quanto precede, ovvero il cap. 14, dove Gesù è ad un banchetto con i farisei (Lc 14,1) e sta offrendo un insegnamento sulla necessità di invitare i poveri (vv. 12-24), oltre che a lasciare tutto per seguire Lui; il cap. 16 continua invece il tema della sequela e del rapporto con le ricchezze (cfr. parabola del ricco e del povero Lazzaro).
Ora questi primi due versetti sono importanti perché ci specificano chi sono i destinatari delle tre parabole raccontate da Gesù: da una parte ci sono i pubblicani e i peccatori, che mostrano un atteggiamento di apertura e di ascolto (v. 1), dall’altra i farisei e gli scribi, che invece mormorano contro Gesù. Due categorie di persone poste a confronto, decisamente contrapposte, che mettono in evidenza la motivazione che spinge Gesù a raccontare le parabole.
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IV domenica di Quaresima
Anno C
Letture: Giosuè 5, 9-12; Salmo 33; 2 Corinzi 5,17-21; Luca 15,1-3.11-32
Ci sono storie che si ripetono, storie di famiglie che rappresentano un po’ ogni famiglia, storie di porte sbattute, di silenzi pesanti, a volte di grida di insofferenza, di mormorii tra fratelli e sorelle, di dolori trattenuti. Oggi Gesù ce ne racconta una per dirci di un padre, quello sì, un po’ particolare. Istintivamente mi immedesimo nel figlio minore, quel ragazzo spavaldo, forse superbo, che con fare sprezzante si rivolge al padre chiedendogli la sua parte di eredità e che va via sbattendo la porta di casa.
Petto gonfio, a passi decisi, mi avvio verso la libertà. Forse tiro pure un sospiro di sollievo. Mi sento un sogno in volo: cosa cerco? Cosa mi aspetto? Feste, risate, avventure e piaceri infiniti, «sogni di gloria» insomma. Nulla può fermarmi, sono padrone del mondo, finalmente. Non penso a mio padre, che senza fiatare mi ha guardato allontanare: cosa avrà provato sentendo i miei passi lontani? Il suo cuore di quanto si sarà gonfiato? Non voglio pensarci, oggi ci sono solo io e voglio godermela. E Lui aspetta, quel Padre che non smette mai di essere padre, aspetta sperando, sempre sul terrazzo di casa, caso mai torni.
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Don Luigi Verdi
La liturgia della IV domenica di Quaresima, detta Laetare, in questo ciclo liturgico dell’anno C, ci fa sostare sul capolavoro letterario dell’evangelista Luca, ovvero la notissima storia del padre misericordioso (conosciuta da tutti come la parabola del figliol prodigo) e scopriremo, leggendo attentamente, che al centro del racconto, c’è proprio la figura del padre che usa misericordia verso entrambi i suoi figli. Siamo sempre nel contesto del grande viaggio di Gesù verso Gerusalemme; anzi il nostro capitolo si colloca al centro di questo cammino, nel cuore del Vangelo di Luca e inizia così: “In quello stesso momento” e questo è ciò lo lega a quanto precede, ovvero il cap. 14, dove Gesù è ad un banchetto con i farisei (Lc 14,1) e sta offrendo un insegnamento sulla necessità di invitare i poveri (vv. 12-24), oltre che a lasciare tutto per seguire Lui; il cap. 16 continua invece il tema della sequela e del rapporto con le ricchezze (cfr. parabola del ricco e del povero Lazzaro).
Ora questi primi due versetti sono importanti perché ci specificano chi sono i destinatari delle tre parabole raccontate da Gesù: da una parte ci sono i pubblicani e i peccatori, che mostrano un atteggiamento di apertura e di ascolto (v. 1), dall’altra i farisei e gli scribi, che invece mormorano contro Gesù. Due categorie di persone poste a confronto, decisamente contrapposte, che mettono in evidenza la motivazione che spinge Gesù a raccontare le parabole.
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