Letture: Siracide 27,5-8; Salmo 91; Prima Corinzi 15,54-58; Luca 6,39-45
L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda. È tutta una questione di occhi, è sempre una questione di occhi. Quando Dio creò il mondo vide che era bello e buono, e sussultò di gioia anche davanti ad Adamo perché vide in lui le sue infinite possibilità, vide la sua luce nonostante le ombre. L’occhio di Dio sa vedere il fiore nel seme, la spiga nel chicco e la promessa di futuro che ognuno porta in sé, racchiusa nel cuore.
“Si cresce solo se si è sognati” scriveva Danilo Dolci e Dio sogna, eccome se sogna: Lui sogna sempre in grande quando ci guarda. Io invece perché mi ostino a cercare le ombre anziché la luce? I miei occhi, accecati dalle schegge del rancore o della rabbia, oppure appannati dalla malinconia e dalla angoscia, distorcono la realtà, la trasfigurano, proiettano sull’altro i miei fantasmi: e allora le mancanze e gli errori degli altri mi sembrano un’onda minacciosa pronta a farmi affogare, un masso in bilico messo là apposta per schiacciarmi.
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Don Luigi Verdi
Al primo impatto questo insieme composito di versetti ci interpella con una domanda: cosa vuole dirci Luca, cosa rivelarci del Maestro, di noi stessi, di Dio? Entriamo nel brano. Sulla pianura sono appena risuonate nelle parole di Gesù le Beatitudini: “Beati voi poveri” e con queste ha preso corpo per Luca quello che era stato l’annunzio inaugurale della sinagoga di Nazaret: “Lo spirito del Signore, è su di me, mi ha mandato a portare la lieta novella ai poveri, a proclamare la liberazione ai prigionieri, la vista ai ciechi, a rimettere in libertà gli oppressi” (4,18).
Infatti, all’inno delle Beatitudini è seguito il discorso, alto come il cielo e profondo come il mare, sull’amore estremo, l’amore incondizionato verso gli avversari. Insegnamento che, ascoltato, ci libera dalle costrizioni dell’io, piccolo idolo, e ci aiuta a diventare misericordiosi perché, nostro Padre è il misericordioso. Questo ci rende figli dell’Altissimo, capaci come Lui, di compiere il bene disinteressato verso gli ingrati, in una rete di relazioni orizzontali nutrite dalla gratuità e dalla libertà di chi si espone sino a devitalizzare il male.
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Raffaela
VIII domenica
Tempo ordinario, Anno C
Letture: Siracide 27,5-8; Salmo 91; Prima Corinzi 15,54-58; Luca 6,39-45
L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda. È tutta una questione di occhi, è sempre una questione di occhi. Quando Dio creò il mondo vide che era bello e buono, e sussultò di gioia anche davanti ad Adamo perché vide in lui le sue infinite possibilità, vide la sua luce nonostante le ombre. L’occhio di Dio sa vedere il fiore nel seme, la spiga nel chicco e la promessa di futuro che ognuno porta in sé, racchiusa nel cuore.
“Si cresce solo se si è sognati” scriveva Danilo Dolci e Dio sogna, eccome se sogna: Lui sogna sempre in grande quando ci guarda. Io invece perché mi ostino a cercare le ombre anziché la luce? I miei occhi, accecati dalle schegge del rancore o della rabbia, oppure appannati dalla malinconia e dalla angoscia, distorcono la realtà, la trasfigurano, proiettano sull’altro i miei fantasmi: e allora le mancanze e gli errori degli altri mi sembrano un’onda minacciosa pronta a farmi affogare, un masso in bilico messo là apposta per schiacciarmi.
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Don Luigi Verdi
Al primo impatto questo insieme composito di versetti ci interpella con una domanda: cosa vuole dirci Luca, cosa rivelarci del Maestro, di noi stessi, di Dio? Entriamo nel brano. Sulla pianura sono appena risuonate nelle parole di Gesù le Beatitudini: “Beati voi poveri” e con queste ha preso corpo per Luca quello che era stato l’annunzio inaugurale della sinagoga di Nazaret: “Lo spirito del Signore, è su di me, mi ha mandato a portare la lieta novella ai poveri, a proclamare la liberazione ai prigionieri, la vista ai ciechi, a rimettere in libertà gli oppressi” (4,18).
Infatti, all’inno delle Beatitudini è seguito il discorso, alto come il cielo e profondo come il mare, sull’amore estremo, l’amore incondizionato verso gli avversari. Insegnamento che, ascoltato, ci libera dalle costrizioni dell’io, piccolo idolo, e ci aiuta a diventare misericordiosi perché, nostro Padre è il misericordioso. Questo ci rende figli dell’Altissimo, capaci come Lui, di compiere il bene disinteressato verso gli ingrati, in una rete di relazioni orizzontali nutrite dalla gratuità e dalla libertà di chi si espone sino a devitalizzare il male.
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Raffaela