La comunità cristiana dello Yemen sarà sempre più esigua

Tra la guerra civile e la pandemia, il vicario apostolico dell’Arabia meridionale lancia l’allarme per le future conseguenze.

Le fazioni che dal 2014 combattono una guerra civile devastante per lo Yemen hanno ripreso a settembre i colloqui, organizzati a Ginevra, per un possibile cessate il fuoco auspicato dalle Nazioni Unite entro la fine dell’anno. Lo scontro tra la coalizione guidata dall’Arabia Saudita e i ribelli houti ha causato finora oltre 112.000 morti e allo spettro della carestia e delle malattie, dovuto anche agli impegni sugli aiuti umanitari non mantenuti soprattutto da alcuni stati arabi, si aggiungono le criticità causate dalla pandemia.

Intervistato da Vatican News, monsignor Paul Hinder, vicario apostolico dell’Arabia meridionale e amministratore apostolico di quella settentrionale, ha detto che, nella drammatica situazione generale per tutti gli yemeniti, l’esigua minoranza cristiana sta attraversando un periodo ancora più difficile:

«La situazione del Covid-19 ha delle conseguenze che non vediamo ancora, ma è chiaro che il numero dei cristiani, connesso con la situazione generale dei migranti, andrà diminuendo in futuro, perché la situazione economica avrà delle conseguenze. Molta gente ha perso il lavoro e lo perderà ancora. Questo vuol dire che lascerà il Paese e questo ha delle conseguenze per noi, per la dimensione della comunità. Ci sono delle attività che sono ridotte, mancano le persone. Non posso ancora dire quali saranno le conseguenze reali.»

Lo stesso vescovo Hinder non è ancora stato in grado di visitare le comunità cristiane in Bahrain, Kuwait e Qatar. Purtroppo, il nuovo coronavirus ha anche messo un freno a tutto il processo di dialogo interreligioso tra cristianesimo e islam, anche se ci sono stati degli incontri virtuali e l’interesse nel sapere cosa l’altro pensa e crede è maggiore che in passato.

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