Che cos’è una comunità energetica rinnovabile e cosa serve per crearla

Di fronte ai rincari dei costi dell’energia e alle situazioni di povertà energetica, la CER è una soluzione concreta e percorribile.

Al giorno d’oggi, ogni parrocchia, istituto, comunità, scuola paritaria, associazione è costretta a fare i conti con i rincari dei prezzi del gas e dell’energia elettrica. A subirne pesantemente le conseguenze, poi, ci sono le famiglie e gli individui più poveri. Sul fronte dei consumi dell’elettricità, però, è possibile trovare una soluzione grazie alle opportunità date dalla creazione delle comunità energetiche rinnovabili. Di realtà come queste ne parlava già nel 2015 Papa Francesco, che nell’enciclica Laudato si’ sulla cura della casa comune scrive: «In alcuni luoghi, si stanno sviluppando cooperative per lo sfruttamento delle energie rinnovabili che consentono l’autosufficienza locale e persino la vendita della produzione in eccesso. Questo semplice esempio indica che, mentre l’ordine mondiale esistente si mostra impotente ad assumere responsabilità, l’istanza locale può fare la differenza» (179).

Per il pontefice, dunque, la capacità di unirsi a livello locale per produrre e condividere energia da fonti rinnovabili è un modo per essere protagonisti della svolta socio-economico e ambientale che serve per il futuro dell’umanità. Ma cos’è una comunità energetica rinnovabile? Istituita dal Decreto Legge “Milleproroghe” convertito in legge nel 2020, essa è un soggetto giuridico (ad esempio un’associazione) composta da minimo due soggetti diversi che siano titolari di un punto di connessione alla rete elettrica e che abbiano la disponibilità di almeno un impianto di produzione di energia da fonti rinnovabili (comunemente, dei pannelli fotovoltaici) con una potenza nominale massima fino a un megawatt.

A una comunità energetica rinnovabile possono aderire tutti quelli che soddisfino i suoi requisiti: dalle famiglie alle imprese, dai comuni alle scuole, dalle organizzazioni non profit agli enti ecclesiastici e religiosi. La partecipazione, che è aperta e volontaria, è dunque molto ampia, perché l’obiettivo principale è quello di fornire benefici ambientali, sociali ed economici a più realtà possibili appartenenti a una comunità (clicca qui per saperne di più). I membri del soggetto giuridico appositamente costituito, che tra l’altro hanno il diritto di mantenere il proprio fornitore energetico, possono essere produttori e auto-consumatori o anche solo consumatori di energia.

Ad esempio, in un paese o in un quartiere la parrocchia può installare pannelli fotovoltaici sul tetto della canonica e dell’oratorio e creare una comunità energetica con l’associazione sportiva dilettantistica e la scuola dell’infanzia paritaria, le quali possono non possedere un impianto per la produzione di energia rinnovabile (anche se sarebbe meglio, in quanto più kilowatt vengono generati, più benefici si hanno). Insieme, essi consumeranno energia pulita, rafforzeranno i legami sociali e godranno di vantaggi economici derivanti dai risparmi sui consumi, dalla vendita del surplus energetico e dagli incentivi pubblici. L’occasione per una scelta concretamente fraterna c’è e va sfruttata.

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