Nella “Creazione di Adamo” di Michelangelo, Dio è affiancato dalle raffigurazioni del Figlio/Verbo e dello Spirito Santo/Sapienza.
Nella “Creazione di Adamo” di Michelangelo, Dio è affiancato dalle raffigurazioni del Figlio/Verbo e dello Spirito Santo/Sapienza.
L’affresco della Creazione di Adamo di Michelangelo, dipinto nel 1511 sulla volta della Cappella Sistina, è celebre per il tocco vitale con il quale Dio dà la vita al primo essere umano sulla Terra, protendendo il braccio destro verso la sua creatura. Il braccio sinistro, invece, si distende attraverso il gruppo di figure che affollano il suo manto svolazzante. Qui, tra angeli e putti, emergono due personaggi che sono stati rappresentati differentemente nelle espressioni e nelle posizioni, stetti come sono all’avanbraccio e alla mano dell’Eterno. Sul blog Le vie dell’arte cristiana si possono leggere le loro interpretazioni.
Il bambino che ci guarda, situato all’estrema destra della scena, è stato identificato come il Figlio, dunque una raffigurazione anticipata di Gesù, con l’Incarnazione che quindi apparirebbe come termine ultimo della creazione dell’uomo nella storia della salvezza. In esso si può allo stesso tempo riconoscere il Verbo, che è il prototipo sulla cui immagine è stato modellato il primo essere umano e che si farà carne nel ventre della Vergine. Non per niente, il dito indice di entrambe le mani di Dio punta verso Adamo e il Bambino, come a creare un ponte tra le due figure.
Sul fianco sinistro del Padre, frapposto tra Lui e il Figlio/Verbo, spunta un personaggio dai lineamenti femminili, talvolta visto come una prefigurazione di Eva in procinto di essere creata. Ma la sua fisicità androgina rende difficile immaginarla come la madre dei viventi. Quindi, è stato proposto che sia la rappresentazione della Shekinah, cioè la componente femminile di Dio in connessione all’altro costituente della Trinità: lo Spirito Santo. Secondo l’inno nel libro dei Proverbi (8,22-31), la Sapienza era presente durante la Creazione e Ireneo di Lione, teologo del II secolo, aveva parlato di una realtà femminile, la Sapienza divina, in relazione proprio allo Spirito Santo.
È con il Concilio di Nicea del 325 che, nel simbolo di fede (DZ 125), per nominare quest’ultimo fu usato il genere neutro, diventato però maschile nel recepimento della latinità. Viste le sue frequentazioni, Michelangelo potrebbe aver presto lo spunto per la raffigurazione dello Spirito Santo/Sapienza da fonti sia ebraiche che cristiane, arrivando così a ritrarre la Trinità con un’iconografia piuttosto inconsueta per l’epoca. In questo modo, egli fonda in Dio stesso la simbologia delle figure maschili e femminili che si ripetono negli affreschi della volta e richiama la creazione dell’umanità come opera trinitaria, in analogia con l’interpretazione agostiniana.
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