Il Cuore di Gesù è la cifra del Dio dei cristiani

Dopo un periodo di affievolimento, vanno riscoperte le radici evangeliche della devozione al Sacro Cuore di Gesù.

La devozione al Cuore di Gesù ha avuto il merito di nutrire la fede del popolo cristiano, diffondendosi nelle comunità e nelle famiglie. Tra Ottocento e primo Novecento, era frequente trovare sue immagini, un po’ stereotipate, che andavano di pari passo a «una certa nota di sdolcinatura» e a «sfruttamenti politici reazionari del simbolo», scrive su SettimanaNews p. Roberto Mela, sacerdote del Sacro Cuore di Gesù. Verso la metà del secolo scorso, in Europa questo culto si era quasi completamente attenuato, ma il Concilio Vaticano II, con il ritorno alle fonti bibliche e patristiche, gli ha ridato slancio, portandolo a una spiritualità e a una teologia rinnovate.

Dalla prima festa solenne in onore del Cuore di Gesù celebrata il 20 ottobre 1672, la devozione è cresciuta fino all’introduzione della festività del Sacro Cuore nel calendario ecclesiale da parte di Pio IX nel 1856, spiega il professore emerito di Patristica Enrico Cattaneo su La Civiltà Cattolica. Indebolita e accusata di naturalismo e sentimentalismo, è stata rilanciata da un’enciclica di Pio XII, piena di rimandi alla Bibbia e ai Padri della Chiesa. Però, dopo che la costituzione conciliare Gaudium et Spes aveva ricordato che Cristo «ha amato con cuore d’uomo», nella lettera apostolica Investigabiles divitias Christi del 1965 Paolo VI ha ammesso che «il culto al S. Cuore ‒ lo diciamo con dolore ‒ si è in alcuni un po’ affievolito». In epoca postconciliare, questa devozione è stata spesso mal interpretata.

Infatti, la teologia del Cuore di Gesù, afferma il dehoniano Roberto Mela, attinge al centro del messaggio biblico: «Non è una devozione da altare laterale, ma una spiritualità – che tocca certamente anche gli affetti – centrata sul Cuore di Dio Padre e di Gesù, che rende ragione ultima del loro agire verso l’umanità sfiancata dalla debolezza della sua malattia mortale, l’egoismo narcisista». Nei Vangeli, lo stesso Cristo si presenta come «mite e umile di cuore» (Mt 11,29) ed evidenzia la «durezza del […] cuore» di alcuni (Mt 19,8). Il suo cuore è stato conferito dal Padre con tutto il suo potere di salvezza e chi guarda ai gesti e alle parole di Gesù con apertura di cuore entrerà in profonda comunione col Signore.

«Affidabile, accogliente, umano e umanizzante, Gesù-Cuore è la cifra del Dio dei cristiani. È lui che porta i pesi degli uomini, è lui che “espia” le lontananze e le ferite lavandole col sangue della sua vita donata. È lui che “ripara” donando senza misura lo Spirito, perché la sua vita divina ricostruisca le brecce di un’umanità che si sente perduta, senza difese umanizzanti condivise e difese da tutti in modo concorde. Gesù-Cuore non è sdolcinatura, […] è la cifra di un Dio che ama l’umanità e per essa si spende anche con l’intimità dei suoi sentimenti. […] Gesù-Cuore è redenzione, riconciliazione, riparazione, umanizzazione. L’amore misericordioso e fedele di Gesù-Cuore è il centro della nostra fede, il centro del messaggio biblico».