Per custodire il creato cominciamo ad assumere uno sguardo contemplativo

Nel messaggio per la Giornata per la Custodia del Creato, la CEI propone alcune indicazioni per iniziative pastorali nelle comunità.

«Siamo in un anno drammatico: la pandemia da Covid-19 ha portato malattia e morte in tante famiglie, ha messo in luce la nostra fragilità, ha ridimensionato la pretesa di controllare il mondo ritenendoci capaci di assicurare una vita migliore con il consumo e il potere esercitato a livello globale. Sono emerse tante contraddizioni nel nostro modo di concepire la vita e le speranze del futuro. Si è visto un sistema socio-economico segnato dall’iniquità e dallo scarto, in cui troppo facilmente i più fragili si trovano più indifesi.»

I vescovi italiani fanno riferimento al drammatico momento storico in cui stiamo vivendo all’inizio del loro messaggio per la 15ª Giornata Nazionale per la Custodia del Creato (che si festeggerà l’1 settembre 2020), preparato dalla Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace e dalla Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo. Con san Paolo, scrivono, sentiamo davvero «che tutta la creazione geme e soffre le doglie del parto fino a oggi» (Rm 8,22). Per convertire i nostri stili di vita, dobbiamo impegnarci a «vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà» (Tt 2,12). L’emergenza sanitaria ha anche mostrato la nostra capacità di reagire in maniera solidale e ci ha spinti a ripensare tanti aspetti della nostra vita assieme.

La pandemia è stata un segnale che tutto è connesso e che il mondo è malato perché abbiamo instaurato un rapporto insostenibile con la Terra. L’inquinamento diffuso, le perturbazioni di tanti ecosistemi e gli inediti rapporti tra specie che esse generano potrebbero averne favorito il sorgere o aver acutizzato le sue conseguenze. L’emergenza sanitaria, insomma, è anche legata all’altra grande crisi, quella ambientale. Gli effetti del mutamento climatico sul nostro pianeta ci obbligano a essere pronti a cambiamenti in profondità per dedicarsi alla custodia del creato.

Innanzitutto, occorre partire da uno sguardo contemplativo, che crea una coscienza attenta e non superficiale della complessità in cui viviamo e ci rende capaci di penetrare la realtà nella sua profondità. Con questa nuova consapevolezza di noi stessi, del mondo e della vita sociale, dobbiamo rinnovare i nostri stili di vita, sia nelle relazioni tra noi che in quelle con l’ambiente. Per questo, occorre che nelle Diocesi, nelle parrocchie, nelle associazioni e nei movimenti vengano diffuse, in maniera metodica e capillare, le molteplici indicazioni teologiche, ecclesiologiche, pastorali, spirituali, pedagogiche sul tema.

La CEI propone infine delle indicazioni per le nostre comunità, che possono diventare riferimenti per le iniziative pastorali:
– comunicare la bellezza del creato;
– denunciare le contraddizioni al disegno di Dio sulla creazione;
– educare al discernimento, imparando a leggere i segni che il creato ci fa conoscere;
– dare una svolta ai nostri atteggiamenti e abitudini non conformi all’ecosistema;
– scegliere di costruire insieme una casa comune, frutto di un cuore riconciliato;
– mettere in rete le scelte locali, cioè far conoscere le buone pratiche di proposte ecosostenibili e promuovere progetti sul territorio;
– promuovere liturgie ecumeniche sulla cura del creato in particolare per il «Tempo del Creato» (1° settembre – 4 ottobre);
– elaborare una strategia educativa integrale, che abbia anche dei risvolti politici e sociali;
– operare in sinergia con tutti coloro che nella società civile si impegnano nello stesso spirito;
– le Chiese cristiane sappiano promuovere scelte radicali per la salvaguardia del creato.
Le riflessioni possono partire da alcune opposizioni: accettare/omologare, accogliere/escludere, dominare/servire, per poi arrivare a proporre uno stile di vita in cui prevalga il senso sul vuoto, l’unità sulla divisione, il noi sull’io, l’inclusione sull’esclusione.